A Taormina, il ristorante Bàtu, ristorante gourmet del Gran Hotel San Pietro racchiude l’innovatività, la tradizione e l’originalità. Tanto è vero che il claim coniato è “a chi dal gusto cerca ancora un’emozione autentica, primordiale”, grazie all’ Executive Chef Luca Miuccio ed al Food & Beverage Manager Luigi Bonomo. Natio di Caltabiano, Luca Miuccio ma da molto tempo stabilitosi a Taormina, conosce profondamente il suo territorio tanto da declinarlo nelle sue diverse sfaccettature insieme a Luigi Bonomo. Quattro tavoli ed un massimo di sedici persone, fa capire come il locale ed il personale riesca a concentrarsi sui commensali, al fine di riuscire a dare un’esperienza unica al cliente. Non esiste un menù fisso, ma i piatti vengono realizzati al momento, sulla base di uno schema stabilito dal ristorante e su quello che desidera il cliente. Questo deriva dall’esperienza di Luigi Bonomo, a cui piace “uscire” dai soliti schemi fissi e che porta avanti la sua idea, fino a farla diventare realtà. Giusto per dare un esempio concreto, in una serata con sedici persone presenti, il ristorante Bàtu, grazie alla squadra ed all’intera brigata con anche la sommelier, Angela Fresta, è in grado di offrire sedici percorsi enogastronomici tutti quanti diversi.

Le capacità e la maestria del personale, può ideare il menù, partendo dalle pietanze ed abbinando i cocktail, i vini, nonché l’acqua, ma può essere fatto anche al contrario. Ovvero, scegliere le bevande ed a sua volta il personale del Bàtu, consiglierà le pietanze da poter abbinare al beverage. Inoltre, ha una vastissima carta delle acque minerali, da quelle francesi alle spagnole, fino ad arrivare a quella proveniente dalla Norvegia, o dall’Islanda, effervescenti naturali o no. Questo è un altro particolare di come il tutto venga seguito e curato in maniera da avvicinarsi alla perfezione. Il menù prende forma dagli elementi che vengono riportati in carta (un po’ come gli elementi principali aria, terra, fuoco, acqua), legati insieme dallo chef, come farebbe un sarto con ago e filo. Ed anche questa è una cosa che viene riportata nel menù, “Luca, ago e filo. Il sarto che cucina per te”. Le portate possono essere tre, oppure otto. Come in un concerto, nelle varie pietanze si ha come un crescendo per abituare ed educare il palato a sapori più decisi e complessi, che spaziano dalle verdure (principalmente) alle carni (sia bianche, che rosse). Iniziando l’esperienza con il cocktail Evergreen composto da Tunquaray 00, succo di limone, shurb di cetriolo, foglie di basilico (ma può benissimo essere un altro cocktail suggerito da chi si occupa della preparazione e che saprà ben consigliare), giusto per rinfrescare la bocca e pulire il palato per continuare con il Canapè, che comprende il Finto Caviale, il Riccio, la Finta Tartare di Tonno, il Peperone “ammattunatu”, il Bottone con verdure all’agro e burro di cipolla.

Ogni pietanza riesce ad essere accattivante dando dei sapori nuovi, dalla “semplicità” e delicatezza del “Finto Caviale”, che sono delle lenticchie, ai sentori di affumicatura e di pienezza del riccio, che altro non è che topinambur, preparato e presentato come se fosse un riccio, passando alla freschezza e briosità della finta tartare di tonno, che altro non è che fragole disidratate, andando al peperone che riesce a fornire i classici sapori e riesce a dare una pienezza e piacevolezza al palato. Si chiude infine il primo giro con la cipolla con il suo sapore deciso e la sua presentazione che la fa apparire come una piccola seppia. Il tutto accompagnato con il cocktail Evergreen che riesce ad abbinarsi con ogni pietanza. Successivamente viene portata l’amuse – bouche, un tortino con una parte esterna croccante e con un ripieno soffice e che dà pienezza e si abbina ad una serie di piatti. Nel frattempo vengono assaggiati alcuni oli extra vergini d’oliva utilizzati dallo chef. L’assaggio degli oli, viene fatto con diversi tipi di pane, dal semplice a quello con i grani antichi. L’esperienza si completa con l’assaggio con il burro francese, da accompagnare con alcuni tipi di sale, fra di cui uno affumicato con il legno di quercia.

Dal cocktail si passa al vino e viene fatto degustare un Riesling di Steinbock ad alcol zero. Le pietanze successive sono il Risotto ai tenerumi, il Pesce Rosso, la Carota ed il coniglio, Radicchio arrostito. Oltre allo Steinbock Riesling Zero, ad accompagnare le pietanze c’è un altro vino che viene servito alla cieca (al fine di rendere maggiormente partecipi i commensali). Anche in questa seconda trance di portate si hanno delle pietanze che iniziano con la delicatezza e la semplicità del risotto ai tenerumi, per andare in un crescendo del pesce rosso, che è la ricciola con umami di pomodoro, per poi tornare ad un piatto delicato e sfizioso come il coniglio e la carota, che va mangiato inizialmente con lo sguardo, visto che vi sono le forme del coniglio e della carota, per poi tornare ad un sapore deciso e di carattere come il radicchio arrostito. La possibilità di avere una doppia scelta di abbinamento con dei vini è condizione necessaria. Il vino servito alla cieca è il Vistamare 2023 I. G. T. Toscana di Ca’ Marcanda, blend di Vermentino e Viognier. Volendo contrastare i sapori decisi della ricciola e del radicchio, si può tranquillamente mettere un rosato della vasta gamma di vini presenti nella carta dei vini del ristorante Bàdu (Maugeri, Tenuta Bosco), oppure anche un rosso non particolarmente strutturato (Occhipinti – Il Frappato). Il piatto finale è il piccione all’anice, una pietanza dal sapore deciso, con il quale viene abbinato un metodo ancestrale, Zoe di Azienda Agricola Giuseppe Lazzaro, ottenuto da Nerello Mascalese.

Nel frattempo viene servito il cocktail Malafimmina, ottenuto da Gran Tour, succo di pomodoro giallo, succo di limone, aceto o in Sweet & Sour con tabasco, sale rosa, pepe rosa, senape, angostura di sedano. Un cocktail che riesce ad essere di struttura, con una pienezza ed una freschezza data dal pomodoro e dal limone, che lo rendono veramente accattivante e piacevole. Allo stesso tempo il Malafimmina accompagna il dolce cioccolato e fico, oltre a paste dolci che vengono servite. Può bastare, ma alla fine di una cena del genere, si può dire che il caffè, è d’obbligo e nel pieno rispetto del percorso fatto fino ad ora non può essere un semplice caffè, ma bensì un caffè che viene scelto dal cliente, ovvero scegliendo dalla qualità Arabica, oppure la Robusta, che verranno preparate, macinando i chicchi e curando il tempo di infusione e servite direttamente al tavolo, per avere una chiusura della quale si possa dire che sia stata una cena da Mille e una Notte…



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