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Tenute Orestiadi presenta il nuovo Metodo Classico da uve Carricante

Cretto di Gibellina

Nell’incantevole museo della memoria a cielo aperto del Cretto di Burri la cantina siciliana ha presentato il suo nuovo spumante. Le uve Carricante provengono dai vigneti posti a pochi metri dall’opera d’arte contemporanea di Gibellina Vecchia

Vigneto Carricante
Vigneto Carricante

Quello di Tenute Orestiadi è un progetto nato dall’impulso di Fondazione Orestiadi, che ha sede nel suggestivo Baglio di Stefano, e da Cantine Ermes, una delle più importanti realtà vitivinicole siciliane, che da qualche mese è ancor di più balzata agli onori delle cronache per aver sforato il tetto dei 100 milioni di euro di fatturato (101,6 mln).

Lo scopo di Tenute Orestiadi è quello di promuovere il patrimonio artistico e culturale mediterraneo. L’azienda si muove in questo senso, valorizzando una delle più antiche tradizioni della Sicilia, quella vitivinicola, considerandola come elemento importante e caratterizzante dell’identità dell’isola. Grazie alla collaborazione tra Fondazione Orestiadi e Tenute Orestiadi nasce così uno Spazio sensoriale, che coinvolgendo il gusto, il tatto, l’olfatto, la vista e l’udito conduce il visitatore verso una nuova esperienza che ne amplifica la conoscenza.

Una storia di forza, di orgoglio propositivo, di passione. Parte da qui parte il racconto di Tenute Orestiadi, nate nel 2008 nel cuore della Valle del Belìce, a Gibellina in Sicilia, dove profumi e colori mediterranei si intrecciano col mito e con l’arte.

Carricante grappolo
Carricante grappolo

Trasformando in energia l’ardua risalita dopo un momento storicamente ed economicamente complesso, il terremoto del 1968, l’intera valle è diventata oggi polo culturale e di dialogo per l’area del Mediterraneo. 

PetraMater Carricante 5
PetraMater Carricante

Fil rouge della ricostruzione lo stretto rapporto tra agricoltura e arte, che diviene tratto identitario dell’azienda. Nel 2018, grazie alla condivisione di valori e al medesimo amore per il territorio, inizia una collaborazione con “La Gelsomina” realtà sull’Etna. Un insieme di terroir unici, quelli di Gibellina e della Valle del Belìce, caratterizzati da una pluralità di suoli, da specifici microclimi e da differenti altitudini che generano vini frutto di passione e dedizione, oltre che di una profonda conoscenza della Valle e delle sue micro peculiarità.

È questo il vero punto di forza dei vigneti coltivati all’interno della Valle del Belìce. Qui terra rossa, bianca e nera si incontrano, si avvicinano fin quasi a sfiorarsi, donando la giusta sfumatura di colore per ogni varietale, dipingendo paesaggi unici e permettendo a chi si dedica allo studio dei suoli di trovare le terre più vocate per ciascuna cultivar.

“PetraMater” 2018, Metodo Classico da Carricante che sosta 30 mesi sui lieviti

PetraMater Carricante 1
PetraMater Carricante

Uno spumante affascinante nel quale il vitigno Carricante si esprime nel terroir occidentale dell’isola, in un vigneto accanto al cretto di Burri a 350 m.t. s.l.m. su suolo bianco calcareo. PetraMater ricorda la terra, la materia. Un nome fortemente legato all’idea di Gibellina che dalla terra e dall’arte è rinata. Proprio un omaggio all’arte è l’etichetta: un’etichetta tattile, “materica”, che ricorda un quadro e, allo stesso tempo, rievoca quella terra bianca sui cui ben si esprime il Carricante nella Valle del Belìce.

Calice 2
Calice

Nel bicchiere dall’intenso perlage, ha in piacevole naso netto con note di crosta di pane, floreali di glicine, fruttate di pesca, ananas e agrumi. In bocca è di struttura e di grande piacevolezza, setoso e cremoso, con viva acidità in sottofondo, dal lungo il finale di frutto e ritorni minerali.

Gibellina e il Cretto di Burri, il riscatto di un paese dilaniato dal terremoto del 1968 che devastò la Valle del Belice

Fu catastrofico il bilancio del sisma che si abbattè il 15 gennaio 1968 a Gibellina, nella Valle del Belìce tra le province di Trapani, Palermo e Agrigento: 370 i morti, 1400 i feriti e oltre 100 mila coloro i quali rimasero senza un tetto. Sono passati oltre 50 anni da quel destino beffardo per la popolazione e oggi a ricordare quella tragedia è una delle più grandi opere di Landscape Art.

Un’opera dalla forza straordinaria il Cretto, quasi novantamila metri quadrati di museo a cielo aperto completamente integrato al paesaggio, una trovata che è uscita dall’estro di Alberto Burri, pittore e artista umbro del secolo scorso, grande esponente dell’informale materico.

Burri era anche medico, così in tante tra le sue opere affiora la sofferenza della materia, trasposizione allegorica della sofferenza umana, contraddistinta dalla libera sperimentazione.

Il terremoto del ’68 rase al suolo Gibellina, incastonata tra le montagne della Valle del Belìce. Fu ricostruita negli anni ‘70 a circa 20 chilometri da dove si trovava originariamente. Per donarle nuova vita il sindaco di allora, Ludovico Corrao, consultò diversi artisti, tra i quali Alberto Burri, che da subito si dimostrò avulso a progetti che facessero rifiorire la distrutta Gibellina. L’artista voleva porre l’accento sul trauma, sulla voce afona delle macerie, sulle incrinature compromesse e irreparabili che il lutto, che aveva dilaniato famiglie intere, aveva lasciato dietro di sé.

Una serie di cubi di cemento candido, alti poco oltre 150 centimetri, oggi formano un reticolo posizionati nell’area della vecchia planimetria del paese distrutto. Lavori che iniziarono nel 1985 che proseguirono altalenanti fino al 2013, finché vennero completati grazie all’ostinazione della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri a Città di Castello, alla Famiglia Sarteanesi e al Comune.

Oggi il Cretto è documentazione fulgida del riscatto di un paese e dei suoi abitanti. Una ferita fisica e morale che ancora oggi continua a sopravvivere e a urlare il suo dolore.

Barriques Museum

Nel silenzio ovattato della barricaia, immersa nel tempo sospeso del lento evolversi del vino, l’arte contemporanea trova un nuovo tempio. In questo luogo prende vita un progetto inedito: il Barriques Museum, museo di arte contemporanea permanente in una barricaia attiva, un palcoscenico quotidiano dove la formalità e la linearità di un museo si fondono alla semplicità ed alla ritualità del vino.

Le stesse mura accolgono periodicamente maestri del pathos estetico in residenza, divenendo fonte di ispirazione, trasformando l’astratta concezione di sentimenti ed emozioni in qualcosa di riproducibile, come solo l’Arte sa fare. Importanti collaborazioni con la Fondazione Orestiadi e l’Accademia di Belle Arti di Brera permettono di ideare e realizzare progetti sempre nuovi, rendendo ancor più forte l’intrinseco legame tra vino ed arte.

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