È una delle D. O. C. più piccole e complesse, che ha rischiato che venisse cancellata, ma che allo stesso tempo, fortunatamente è presente e riesce a dare vini di grande personalità ed eleganza. Stiamo parlando della D. O. C. Faro. Andando per ordine le dimensioni dell’areale sono veramente esigue, un piccolo lembo di terra nella parte di Messina che si affaccia dal versante jonico a quello tirrenico e proprio per questo riesce ad esprimere in una porzione di territorio di dimensioni modeste vini con caratteristiche diverse a seconda se i vigneti dai quali si raccolgono le uve per fare il Faro si trovano nella zona del mar Jonio, o in quella che si affaccia sul mar Tirreno. Oltre a questo la complessità del vino Faro deriva dai vitigni previsti dal disciplinare. Ben sei i vitigni previsti dal disciplinare del Faro D. O. C., Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Nocera sono quelli “necessari”, ai quali sono previsti anche il Nero d’Avola, il Sangiovese ed il Gaglioppo. Generalmente la maggior parte delle aziende vinificano Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nocera e Nero d’Avola, ma ci sono delle cantine che utilizzano i tre vitigni che non possono mancare nel Faro D. O. C., ovvero Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Nocera. Questo fa capire come il Faro sia un vino rosso con molteplici sfaccettature, elegante, complesso, potente. Il fatto che abbia rischiato la cancellazione come D. O. C., deriva dal fatto che per garantirne la continuità deve esserci un numero minimo di cantine che vinifichino la D. O. C. e vi fu un periodo in cui quasi nessuno stava producendo questo blend. Poi (fortunatamente) Luigi Veronelli assaggiò il Pharo di Palari e ne ebbe una valutazione più che buona, al punto di paragonare il vino siciliano ad un Borgogna. Da quel momento la D. O. C. Faro prende nuova vita e riesce a superare il momento di difficoltà, evitandone la cancellazione. Gran merito si deve all’architetto Salvatore Geraci, proprietario della cantina Palari. Proprio ultimamente la F. I. S. (Fondazione Italiana Sommelier) ha dato la possibilità di degustare i vini dell’azienda Palari in una verticale di sei millesimi (2010 – 2011 – 2012 – 2014 – 2016 – 2018) con la presenza del proprietario Salvatore Geraci e guidata da Daniela Scrobogna. Le idee ed il pensiero di Salvatore Geraci sono chiari ed essenziali: utilizzare solo i vitigni principali (Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nocera), far fare dei lunghi affinamenti, il tutto per ottenere vini che siano eleganti, asciutti e di personalità. Giusto per ribadire l’impressione che ebbe Veronelli. Ovvero avere delle similitudini con un vino della Borgogna.

Iniziando con il millesimo con più anni, il 2010 fa sentire la nota terziaria con sentori di cuoio, tabacco spezie e frutta secca. Successivamente esce fuori la foglia di thé. Sorso sapido succoso con tannini ben definiti ed una freschezza ben bilanciata. Buon equilibrio fra le componenti dure e morbide e con una buona corrispondenza gusto – olfattiva. Persistenza buona. Il millesimo 2011 ha un bouquet più complesso e più intenso rispetto al precedente. Si evincono note terziarie di tufo di caffè, nota fumé e piccoli frutti di bosco, arricchiti da humus. Al sorso esprime una mineralità, con tannini fini e lunghi. Equilibrato al sorso, che dona piacevolezza di beva. La retronasale fa sentire il passaggio che ha fatto in botte che arricchisce il tutto. L’annata 2012, è di grande eleganza di aromi e profumi che si fondono e che esprimono signorilità e complessità. La nota balsamica è la prima che si percepisce, per poi far venire fuori il sentore di thé e dell’eucalipto. Secco, austero, con una beva potente ma di grande personalità, che conferma la sua eleganza e signorilità che invogliano a berlo. Uso sapiente della botte. Progressione e persistenza ottime. Gran vino. Si passa al 2014, che si presenta con un bouquet esuberante e con qualche nota fruttata. Frutta secca, nota fumé e lievi accenni di goudron. Fresco e con una beva agile e scattante. I tannini seguono successivamente. Brioso e con una bella lunghezza di sorso. Persistenza buona. La retronasale fa sentire il passaggio in botte. Il millesimo 2016 ha un bouquet che dà sentori diversi rispetto a quelli precedenti, con note fruttate e di chiodi di garofano, con zenzero compongono il quadro aromatico. Cera lacca nel finale. Sorso fluido con una bella freschezza ed una leggera sapidità. Buona evoluzione alla beva, che pur essendo meno complesso rispetto ai precedenti riesce a dare dei segni sulle potenzialità che verranno a seguire. I tannini si avvertono successivamente con una lunghezza notevole. Buona persistenza. Si conclude con l’annata 2018. Nota chinata, cera lacca, fiori secchi, danno un bouquet che ancora deve evolversi ed affinarsi. Al sorso è con una sua personalità, pur essendo ancora “semplice” rispetto ai millesimi assaggiati antecedentemente. Fresco, con un sorso lungo e con una bella progressione.
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