La pizza è il cibo famigliare per eccellenza, quello che si può dividere in parti uguali, tanti quanti sono i componenti del nucleo. Incontra i gusti di tutti ed è ‘facile’, perché favorisce la conversazione, lo scambio delle notizie della giornata. E se un po’ di pomodoro finisce sulla maglietta, pazienza: dopo una risata, anche il bucato diventa un ricordo di famiglia.
Quel che succede nella quotidiana routine delle nostre case, da Pizzottando assume un gusto davvero speciale. Domenico e Francesco Morici, padre e figlio, la pizza non si limitano a consumarla assieme il sabato sera, ma lavorano fianco a fianco ogni sera affinché la loro pizza giunga sulle tavole delle famiglie di tutta Palermo o affinché le famiglie della città si accomodino ai loro tavoli.
Questo scarto generazionale è il sale di questa storia, che verrà raccontata attraverso le stesse parole dei protagonisti in un’intervista doppia da gustare domanda dopo domanda, con lo stesso ritmo con cui si mangerebbe la nostra pizza preferita.
Prima di incominciare però, una precisazione: per noi la famiglia è l’unione di chiunque decide di accompagnarsi vicendevolmente per gustare cibo e vita.
Quando hai iniziato a fare pizza?
D: io ho aperto nel 2002 e ho incominciato a impastare nel 2003, perché ho trovato difficoltà a trovare pizzaioli. Io, da chef, sono entrato in pizzeria e poi ci sono rimasto. Mi definisco un pizzaiolo autodidatta, però ho imparato bene, perchè ne ho formato altri 6.
F: io ho iniziato circa a 12 anni dentro i laboratori di Pizzottando.
Cosa ti ha ispirato a intraprendere questo percorso?
D: Come dicevo prima, la necessità. Avevo un’attività e non trovavo sinergia con i pizzaioli che trovavo.
F: Io ce l’ho avuto sempre nel sangue, può essere perché ho sempre respirato ‘farina’, ma ad essere sincero non ho mai avuto altre visioni di lavoro.
Qual è la cosa più preziosa che hai imparato a scuola?
D: La terminologia di cucina, il linguaggio, perché è lo strumento con cui ti fai capire dai i tuoi colleghi e con cui tu capisci loro. Il rapporto con la brigata è fondamentale.
F: La cosa più preziosa è stata la scienza degli alimenti, la loro composizione, come si realizzano, imparare le origini della materia prima.
Di cosa è stata maestra l’esperienza?
D: L’autogestione della cucina. Come farla funzionare per i propri obiettivi, ho imparato a cercare la perfezione e ad accogliere gli stimoli esterni.
F: Il lavoro di squadra, aiutare un tuo collega che è in difficoltà. Ma soprattutto l’umiltà, perché bisogno essere fianco a fianco in una squadra. Mai nessuno sotto e sopra.
Un difetto e un pregio dell’altro?
D: Il pregio di Francesco è che è buonissimo, ascolta sempre e incassa tutti i rimproveri, ma solo i miei! Se c’è un difetto è che un po’ ‘pigro’. Io lo vorrei più tenace e intraprendente. Avrei pure il desiderio che lui facesse altre esperienze e si confrontasse con realtà più grandi, ma è giovane e sono sicuro che lo farà.
F: Un difetto è che si arrabbia molto, soprattutto in pizzeria e chissà dove saremmo…è uno dei perni della pizzeria e, per me, della famiglia.
Il ricordo più bello che hai legato a Pizzottando?
D: Ogni sera per me è un ricordo bello. Io adoro le feste rionali in cui la pizza diventa uno spettacolo dentro lo spettacolo della piazza, fatta di luci e le processioni. Per esempio, a Santa Rosalia io regalo i babbaluci, le mandorle e il mellone rosso ai miei clienti e per me è un momento di forte spirito di comunità. Poi ci sono i ricordi dei dopo festa, con gli artisti che mangiano fino a tarda notte e poi cantano assieme ai miei tavoli.
F: Ce ne sono tanti, ma penso le serate d’estate…anche se c’è caldo dietro il forno. C’è un’atmosfera particolare, in piazza, con la musica e la gente spensierata.
La pizza preferita dell’altro?
D: Lui è innamorato di una mia pizza, quella al finocchietto.
F: La pizza finocchietto con pomodoro, mozzarella, crema di finocchietto e pomodori secchi.
E sembra proprio il caso di dire che la mela, anzi la pizza, non cade mai lontano dall’albero!
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