L’oleoturismo, in rapida crescita a livello nazionale, ha visto luce grazie a una serie di passaggi legislativi chiave, culminati nella regolamentazione delle attività legate a questo settore. “Oleoturismo: istruzioni per l’uso” è il testo di Mario Liberto che, approfondendo l’importanza culturale dell’olio, riflette sul ruolo che l’olivo ha sempre giocato nella storia di un territorio, rappresentando un connubio tra uomo e campagna. L’olio, oltre ad essere un elemento circolare senza scarti, abbraccia dimensioni storiche, etnoantropologiche, sociali e cosmetiche, alimentando una cultura che si propaga tra i consumatori.
Quali sono le tappe principali che hanno portato alla nascita del libro sull’oleoturismo e come la legislazione ha influenzato questo settore?
Il libro nasce da un’esigenza ben specifica: occorreva dotare tutti gli operatori di uno strumento che desse loro la possibilità di capire come funziona l’oleoturismo. Infatti, l’attività di oleoturismo è stata introdotta dall’articolo 1, comma 514 della L. 160/2019; nel 2022, poi, sono uscite le linee guida, un vero e proprio indirizzo sugli standard dell’oleoturismo. L’ultimo step, il più recente, è stata l’attuazione della Legge in Sicilia, introdotta con il Decreto n. 23 del 19/03/2023.
Quello dell’oleoturismo è un settore in crescita a livello nazionale che si stima intorno al 17-18% rispetto al turismo complessivo. Da qui la necessità di formare gli addetti ai lavori; il libro si articola da questa idea e si muove con questa logica. Nella prima parte, sono trattate le caratteristiche dell’olio e i suoi aspetti: storico, etnoantropologico, sociale, paesaggistico, nutraceutico e della cosmesi. La seconda, invece, pone l’attenzione sulle attività che possono essere intraprese da chi ne vuole avviare una. Infine, la terza, pone l’accento sulle attività promozionali e di marketing territoriale fino ad alcuni case study.
Cosa rappresenta l’olio per lei?
L’olio è coltura ma, al contempo, cultura. Spesso, è proprio l’aspetto culturale dell’olio che non viene messo in evidenza, che risiede nella storia, nell’etnoantropologia, nei paesaggi ma anche negli aspetti sociali, alimentari, salutistici, energetici per arrivare fino alla cosmesi. L’olivo rappresenta da sempre la presenza dell’uomo in un determinato territorio e il valore insito tra lui e campagna che proviene da un retaggio che ha avuto inizio con le concessioni delle terre e con il diritto di impiantare l’olivo. Con 540 varietà diverse a livello nazionale, l’olivo identifica il territorio in quanto in ogni area abbiamo una cultivar che dà una caratterizzazione forte al territorio, dando un valore aggiunto al prodotto finale. Inoltre, l’olivo è una pianta circolare ovvero è senza scarti; ad esempio è alimento, è condimento, entra nei riti sacri, è una medicina, grazie alla presenza dei polifenoli, è un prodotto cosmetico. Oggi è anche attrattività turistica.
Come si sta diffondendo la cultura dell’olio tra i consumatori e come può apprezzare e comprendere le differenze di prodotto, contribuendo così a un cambiamento nel modo in cui viene raccontato?
La cultura dell’olio si sta diffondendo e l’oleoturismo sta dando risultati importanti. È un settore ancora fortemente legato al mondo contadino e questa è una fortuna, perché c’è ancora il senso e il rispetto di qualcosa. Il consumatore deve crescere, ancora non conosce e non apprezza in fondo queste differenze ma se comincia a capire che un olio si differenzia dall’altro, che ci sono i monovarietali o i blend, è chiaro che questo processo facilita anche la possibilità di raccontare l’olio in maniera diversa.
Quali sono le strategie che devono adottare le aziende che operano in questo ambito e come cercano di collegarsi al territorio per offrire un’esperienza completa ai visitatori?
La strategia da mettere in atto non è solo quella aziendale ma soprattutto territoriale. Bisogna dare una scossa al sistema e creare una rete territoriale. L’azienda olivicola che non ha il frantoio, deve essere collegata a questo. Il frantoio deve essere collegato a un punto vendita, che vende l’olio del territorio. Le aziende offrono un’offerta variegata, con diverse tipologie di attività che si possono svolgere, come ad esempio il museo aziendale. Far vedere un cafiso o mezzo cafiso, il contenitore metallico utilizzato nell’antichità come unità di misura dell’olio, le giarrettedde, gli antichi contenitori in cui si conservava l’olio, i baratti che si facevano. Poi ancora, la visita aziendale vera e propria, la sala di degustazione, gli alberi monumentali, il rapporto tra cucina e olio, l’artigianato realizzato con il legno, come si fa il sapone fino ad arrivare a quella che è tutta la parte di raccolta, molitura, la parte esperienziale in cui il soggetto stesso si mette in campo.
Oggi si parla molto di esperienza. in che modo queste attività possono influenzare la percezione e la connessione delle persone tra questo settore e il territorio?
Di recente ho visitato un’azienda di San Mauro Castelverde (PA) insieme a un gruppo di persone. Abbiamo fatto un’esperienza magica, una vera e propria terapia dell’ulivo facendo abbracciare le persone agli alberi per dieci minuti, in silenzio, per sentire quello che la pianta ci riusciva a trasmettere. I partecipanti erano estasiati, un modo per evocare la memoria accompagnata da sentimenti di serenità e tranquillità. E poi, ancora, la manifestazione culturale, come un concerto di musica popolare che abbiamo organizzato qualche tempo fa, con chitarra e cantante sotto gli alberi con i partecipanti seduti a terra sulle coperte che hanno assaggiato un pezzo di pane e olio nuovo. È proprio a questo tipo di esperienza che le aziende del settore devono puntare oggi.
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