Da quando l’Etna, in una delle sue numerosissime manifestazioni parossistiche di esuberanza, ha coperto il fiume Longàne nel 1381, a scorrere nel borgo marinaro più mitico della costa orientale sicula è rimasto l’orgoglio per il senso d’appartenenza al territorio e la memoria degli antichi usi e tradizioni che condividono gli abitanti di Ognina.
La vita e la storia del piccolo borgo oggi si sviluppa su un piano subalterno, quasi nascosto, rispetto alla planimetria della grande città metropolitana di Catania. Sotto la frenesia di una strada statale in cui i limiti di velocità non sono mai rispettati e dove le macchine parcheggiate sembrano un’opera cubista, Ognina mantiene ancora intatto quel fascino che la colloca fuori dal tempo, fuori dalla realtà. Basta una sedia di plastica rossa sotto il cavalcavia e di fronte al porticciolo per capire che a dettare il ritmo lì non sono le cose mondane, ma il mare…d’altronde come è sempre stato.
Ed è cullati dal mare, al cospetto della Madonnina e sotto lo sguardo dei pescatori, che sembra sempre rivolto alle profondità del mare e che invece è attento a qualunque cosa succeda attorno, che si svolge la seconda serata di presentazione del progetto Ognina borgo d’eccellenza, caldamente voluto da Francesco Chittari, e sviluppato dall’agenzia Scirocco, in collaborazione con il Comune di Catania, e promosso dall’assessorato regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea.
A bordo della barca Atlante ormeggiata al porticciolo di Ognina, si è tenuto un appuntamento davvero speciale, vuoi per il senso vuoi per la tempistica. Prima che i riflettori si accendano sul folklore del quartiere e dei suoi festeggiamenti della Madonna bambina, gli organizzatori dell’evento hanno ribadito, nel modo più goloso e pratico possibile, come le tradizioni e il patrimonio culturale di Ognina siano sì un’occasione di festa, di convivialità ma soprattutto un’opportunità per l’economia catanese, che da sempre trova nel food e nel wine il suo volano.
Alla plancia, appositamente allestita, si sono alternati, talvolta collaborando, cinque protagonisti d’eccellenza della ristorazione catanese, tutti dotati di prospettive diverse e forti, ma coincidenti con l’amore incondizionato per la nostra terra (e il nostro mare).
Ristorante Crudo, Ognina
Anche tra le vie di Catania, il nostro occhio si è abituato all’elegante contrasto di un uramaki d’ispirazione nipponica, dove il bianco del riso, il nero dell’alga nori esaltano il rosa del salmone. Il ristorante crudo propone invece ai marinai per una sera una tipologia di sushi, decisamente catanese, e non solo perché non abbina il rosa nero. Con i suoi nigiri di alici, leggermente caramellate al cannello, accompagnati dalla rosa di sashimi di lampuga con chutney di pomodoro e olio al basilico.
Ristorante Sapio, Catania
L’enfant prodige della cucina catanese, la prima stella Michelin della città etnea, rimane sempre umile e con i piedi ben piantati a terra (in questo caso si fa per dire). Lo si nota, perché sotto il cielo di Ognina, chef Ingiulla è visibilmente emozionato.
Nonostante il servizio alla nuova sede del Sapio sia già iniziato da un po’, lo chef aiuta personalmente il sous chef Antonio a rifinire il piatto scelto per l’occasione, ovvero il tortello di ricotta fresca bollito nel brodo di tenerumi, condito con la salsa e impreziosito da pomodoro confit grigliato, pinoli tostati e polvere di uva. Un piatto dal gusto davvero profondo, proprio come le radici della tradizione gastronomica catanese.
Lacciughetta, Catania
Come un mago dal cilindro, lo chef Salvo Saitta preleva da suo grembiule una boccetta contenente un elisir magico…se non la panacea di tutti i mali, sicuramente la soluzione ai piatti insipidi. Ecco così la rivisitazione di un grande classico: spaghetto con colatura di alici e una spolverata di bottarga, ovviamente firmata Alfio Visalli.
Ristorante KM0, Catania
L’energia di Marco Cannizzaro è catalizzante e sembra che sia ovunque sul peschereccio. E forse è proprio così: è sia sulla prua della barca a bere, dietro la plancia per preparare il suo piatto, ma soprattutto accanto ai colleghi per aiutare. Dopo averlo visto nella veste di sous chef di Salvo Saitta per aiutarlo, come direbbero a Milano, a ‘riminare a pasta’, lo chef Cannizzaro fa riscoprire l’alalunga, un pesce parente del tonno, una volta alla base della dieta dei pescatori del borgo. Considerato un pesce di minor pregio, avvolto nella polvere di pistacchio, scottato in palestra e poi cotto al forno, e adagiato su un letto di cipolla caramellata, l’alalunga si dimostra, invece, un pesce ricco di sapore.
E tutti i presenti, davvero, presi all’amo dalla bellezza di Ognina e dal gusto del suo mare.
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