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Nebbiolo e Nerello Mascalese – affinità e diversità – Le degustazioni a cura del sommelier Fabio Cristaldi

Ultimamente vitigni come il Nebbiolo ed il Nerello Mascalese sono sempre presenti in masterclass e sono oggetto di tavole rotonde, proprio perché si possono individuare ed interpretare come la storia della viticoltura e dell’enologia italiana, per il Nebbiolo le origini ed il presente, nonché il futuro per il Nerello Mascalese. In aggiunta a questo vi è una sorta di similitudine sui vini che si ottengono, sempre sulla base delle caratteristiche dei vitigni. Il Nebbiolo vitigno che le origini si perdono nella notte dei tempi, ma che è originario proprio dei luoghi dove riesce ad esprimere al meglio tutto il suo potenziale, ovvero Langhe e cuneese. La maturazione delle uve è tardiva. I vini che si ottengono sono generalmente di un rosso tenue, un po’ scarichi di colore, dovuto agli antociani, con gradazioni alcoliche importanti e che nella stragrande maggioranza dei casi sono austeri, con trama tannica ben definita, un finale sapido. Diverse di queste caratteristiche si ritrovano nel Nerello Mascalese, la sua zona d’origine è quella etnea, Mascali come è facile capire. I vini migliori si ottengono proprio dal Nerello Mascalese coltivato sull’Etna, vini da una colorazione dal rosso scarico, eleganti, sapidi, con tannini fini, una gradazione alcolica che quasi sempre è oltre i 13% vol., senza dimenticare che il Nerello Mascalese viene vendemmiato generalmente a ottobre. Così si riscontra una certa “fedeltà” di entrambi i vitigni ai territori d’origine, la predisposizione delle uve ad essere vendemmiate fra le ultime e dare dei vini non particolarmente intensi di colore. Da tutto questo, per certi versi è normale che si possano ottenere dei vini simili, ma non uguali, poiché si parla pur sempre di vitigni diversi e di terrori differenti, che equivale a dire terroir ben precisi. Su questo argomento è stata fatta una tavola rotonda, con relativo assaggio di Barolo e di Etna Rosso a Zafferana Etnea, evento svolto anche per il gemellaggio fra il Comune di Zafferana Etnea ed il Comune di Barolo. Sei i vini degustati e raccontati, poiché a condurre la degustazione è stato Gianpaolo Gravina, che dei vini ne ha descritto le caratteristiche “volute” dal produttore ed il tipo di lavorazione. Tre Barolo D. O. C. G., intervallati da tre vini etnei (ottenuti da Nerello Mascalese), hanno dato la possibilità di estrapolare quello che ogni vino riusciva ad esprimere ed allo stesso tempo avere la possibilità nell’immediato quali erano i punti di affinità e le diversità fra i vini delle Langhe e quelli dell’Etna. Il servizio è stato effettuato da personale di O. N. A. V. Catania.

Il primo vino ad aprire le danze è stato Lato Sud Etna Rosso D. O. C. 2020 (bottiglia Magnum) dell’azienda Grottafumata. Il vino si presenta con un timbro balsamico, pietra focaia e frutti di bosco. Sorso quasi ruvido, con una bella verticalità e con tannini di buona fattura, fini ed eleganti. Persistenza buona. L’azienda agricola Grottafumata punta nell’essere il meno “invasiva” e con la natura, utilizzando tecniche di concimazione come il sovescio ed allo stesso tempo per la produzione dei vini, con fermentazioni spontanee e senza chiarifiche e/o controllo della temperatura. Sono due ettari e mezzo nel territorio di Zafferana Etnea, dove le vigne sono di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Carricante e Catarratto. Da un Etna Rosso D. O. C. si passa ad un Barolo Berri D. O. C. G. 2020 di Trediberri. Si presenta in maniera “baroleggiante”, ovvero austera, con sentori di viola appassita, frutta sottospirito, accenni di pietra focaia. Sorso sapido, buona freschezza e tannini fini. Buon equilibrio fra le parti dure e morbide, che rendono la beva agile e scattante. La retronasale conferma quanto è stato già sentito al sorso ed inizialmente al quadro aromatico. Il nome Treberri deriva dal fatto che la società è composta da tre soci e che i vigneti si trovano in Contrada Berri. La filosofia aziendale è quella che il riconoscimento più grande per un vino è quando la bottiglia finisce subito e su questo è difficile dar torto. Azienda giovane che è sul mercato dal 2012. Pietrardita è un’azienda sita a Biancavilla (ha anche vigneti a Piedimonte Etneo) e produce un I. G. T. Terre Siciliane, il Lahar 2020 che è stato il terzo vino degustato. Ha un bouquet ricco, con erbe aromatiche (origano, rosmarino), pietra focaia, humus. Minerale e con una freschezza che si percepisce in maniera cadenzata e progressiva. Beva fluida e piacevole, con una buona persistenza. Fa affinamento in acciaio e non viene fatta fare alcuna chiarifica, svolge fermentazione spontanea. Sono state mille le bottiglie prodotte per l’annata 2020. Il credo del produttore è di conservare e tramandare i sistemi di vinificazione del passato con le dovute accortezze e i giusti aiuti forniti dalla tecnologia. Dopo un vino etneo, si ritorna ad un Barolo D. O. C. G. 2020 di Gian Luca Colombo. Sentori di terra bagnata, pietra focaia, ricordi di melograno e viola appassita. La freschezza ha la predominanza, ma successivamente chiude con un finale sapido. Trama tannica fitta e ben definita. Buona persistenza. Il pensiero del produttore è il seguente “Niente trucchi. Se vuoi avere prodotti buoni non servono grandi tecnologie né calcoli sofisticati, semplicemente devi usare ingredienti molto molto buoni, coltivati rispettando tempi e modi giusti, interpretando l’essenza più autentica di ogni varietà, assecondando ciò che la natura sa generare in maniera spontanea.” Una filosofia che è uguale a quella dei produttori etnei dei due vini assaggiati prima, nonché anche del prossimo. Russucori 2021 (Rosso cuore), è un I. G. T. Terre Siciliane, Nerello Mascalese in purezza, prodotto da Giuseppe Lazzaro. Si presenta con note fruttate e con sentori di humus, la pietra focaia, per poi ritornare alla frutta (mora). Fresco al sorso. Bella verticalità con tannini lunghi e ben definiti. Progressione notevole. Questo è un altro vino che svolge affinamento in acciaio. Il credo di Giuseppe è quello di fare vini con il minor uso di interventi e per quelli necessari, utilizzare metodi quanto meno invasivi possibili. Il tutto si può tradurre con la produzione di vini “artigianali”, cosa confermata anche dal numero di bottiglie prodotte annualmente che sono 1200. Per l’alternanza si ritorna ad un Barolo D. O. C. G., Villerio 2020 di Livia Fontana. Bouquet ricco e complesso, con sentori di pepe bianco, mora, violetta appassita e pietra focaia. Buona struttura e bell’equilibrio fra le componenti dure e morbide. La sapidità smorza la componente acida e lo rende altamente bevibile. Uso sapiente del legno. Il Villerio è uno dei vini di punta dell’azienda Livia Fontana, viene prodotto nel pieno rispetto delle nomenclature del Barolo, lunghi affinamenti (quaranta mesi) in botti grandi, la scelta delle uve migliori, la passione e l’esperienza tramandata dal padre Ettore a Lidia, al fine di ottenere un prodotto che sia una valida rappresentanza di uno dei migliori territori di Barolo (Castiglione Falletto), per uno dei vini più apprezzati e riconosciuti al mondo.

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