Max Ballarò è un creativo che ha imparato la tecnica dell’arte; non soltanto quella che, nei suoi piatti, si gusta con gli occhi e con il palato, ma innanzitutto l’arte del cuore. Nel 2020 ha conquistato l’oro ne “La Mostra Internazionale di Arte Culinaria”, chiamata anche Olimpiadi Culinarie, la più grande mostra culinaria al mondo. Prima di arrivare a questo, però, di strada ne ha fatta tantissima, in lungo e in largo per il mondo.
“I miei genitori non ci credevano. Mi sono presentato una mattina con la valigia in mano e ho detto: “Io sto per partire”. Avevo già un obiettivo preciso”.
Classe 1984, nasce ad Agrigento e dopo aver conseguito il suo diploma all’Istituto Alberghiero di Favara, decide di partire.
Con questa tenacia, inizia così il suo percorso di esperienze che lo formeranno lungo la carriera.
Comincia con un intramontabile classico: una stagione sul Lago di Garda, “non avevo nemmeno 20 anni” sogghigna lui. Poi, si sposta a Bolzano ed è lì che fa un incontro speciale.
“Conosco Giorgio Nardelli, ai tempi rettore dell’Ordine dei Maestri di Cucina. Decide di portarmi con sé, perché aveva visto in me una persona promettente. Da Bolzano vado a Venezia e lavoro in un albergo di lusso, poi in Svizzera, Repubblica Ceca e in Germania”.
La vera esperienza la completa a Parigi. Vive lì per sei anni e lavora nei vari ristoranti stellati, portando sempre più in alto la sua carriera.
Per le vacanze torna in Italia, nella sua Sicilia, e stava già per ripartire per un’altra avventura nella 6th Avenue di New York, ma ecco che, mentre si costruiscono progetti, la vita sorprende sempre. Conosce una ragazza, la stessa che diverrà poi sua moglie.
Si ferma ad Agrigento e la sua bravura e professionalità si fanno notare anche qui. Entra quindi nella Federazione Italiana Cuochi e comincia a partecipare a concorsi di cucina.
“Dal 2018 al 2021 mi stavo quasi per ritirare dalle competizioni, ma alla Coppa del Mondo prendo una medaglia d’argento. Da lì ho capito che c’era del potenziale. Nel 2020 c’erano le Olimpiadi e mi facevano gola. Avevo già partecipato una volta e mi ero guadagnato un bronzo, però pensavo: “Non è roba per me”, perché quando si entra in queste competizioni dove c’è la gente più brava del mondo è come entrare nel paradiso della cucina. Opere di gioielleria distese su un tavolo e opere artistiche di pasticceria mai viste. Su consiglio mi è stato detto: “Se correggi alcune cose, potresti andare alle Olimpiadi e se ti metti d’impegno, ti prendi anche l’oro” ed è stato così. Sono stato l’unico italiano della Federazione Italiana Cuochi ad essere tra i primi posti nella categoria Culinary Art”.
Ma perché stava per ritirarsi dalle competizioni? A questa domanda lui risponde come un saggio filosofo.
“È molto pesante la competizione, qualcosa di maniacale, la stanchezza, le responsabilità. Le medaglie conquistate vanno messe nel cassetto e i diplomi (io ne ho 15) sono da appendere al muro. Ma lungo questo percorso, la cosa più importante sono le persone.”
Da quest’anno è capitano della nuova squadra dell’Unione Regionale Cuochi Siciliani. Fa parte dell’Associazione Provinciale Cuochi di Agrigento, dove ricopre il ruolo di consigliere e a livello federativo della Federcuochi è inserito persino nell’Albo dei prossimi giudici di competizione come assistente.
Un curriculum sorprendente e ci si domanda quante vite abbia Max Ballarò per fare ed essere tutto questo. Nonostante abbia una cornice così ben disegnata attorno al suo nome, traspira un’umiltà spontanea.
“Quando capisci veramente il lavoro e il sacrificio che ci sono dietro, ti entra tanta umiltà dentro. Noi siamo cuochi, non chef, siamo artigiani”.
I suoi piatti vanno oltre la realtà tangibile e toccano luoghi dell’anima, di cui anche il degustatore più pignolo non potrebbe accorgersi.
“Ogni piatto per me è un ricordo. Durante gli anni nella mia esperienza ho incontrato bellissima gente e io voglio rendere vivi quei momenti nel mio piatto e questo mi fa stare bene. Piccoli dettagli, esecuzioni. Per me la cucina è come se fosse casa mia e mi circondo quindi di queste emozioni”.
Il suo habitat artistico e lavorativo è adesso nella cucina del ristorante Ambrosia, presso il magnifico Resort Doric Boutique Hotel, ad Agrigento. Un’immersione autentica nel paesaggio della Valle dei Templi, proprio davanti al sempre sorprendente Tempio di Giunone. Qui, di fatto, si incontra con un altro immaginifico, ossia il proprietario nonché architetto del luogo, visionario, sognatore ma anche molto concreto Enzo Agrò.
“Sento di aver trovato un partner. È un lungimirante, è un architetto, è un appassionato d’arte ed è un connubio con me. Investe molto sia sulla cucina che sulla location che su tutto ciò che ci sta attorno. Per lui, però, non è semplicemente un contorno, ma sa bene che i dettagli fanno sempre la differenza e lui la fa in maniera impeccabile”.
Da poco i due hanno studiato un dolce in linea con le bellezze uniche del territorio. Hanno pensato a Telamone e alle sue due statue di diciotto metri poste lungo la Valle dei Templi. È stato realizzato con i prodotti tipici di questa culla del gusto: arance, mandarini, mandorleti, pistacchieti e formaggi di capra girgentana.
Se un Olimpo esiste, Max Ballarò siede accanto alla sua Ambrosia.
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