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L’antico pane dei pescatori lancia Slow Food a Mazara del Vallo

Promuovere la consapevolezza alimentare mediante la creazione di piccoli mercati contadini, il sostegno agli agricoltori locali e l’organizzazione di eventi gastronomici e di iniziative a salvaguardia del patrimonio gastronomico tradizionale.

Il tutto in linea con i precetti di un’agricoltura e un’alimentazione sempre più sostenibili, etiche ed equilibrate. Obiettivi contrapposti alla frenesia del contesto contemporaneo e alle spesso conseguenti pratiche alimentari dannose per la salute, che Slow Food, porta avanti in Italia attraverso 1.500 condotte e oltre 100 sedi locali. Una rete costituita anche dai suoi circa 650 presidi che attualmente coinvolgono contadini, pescator, viticoltori, artigiani e pastori di 79 paesi. 

Nel mosaico dell’associazione internazionale fondata da Carlo Petrini per incentivare la produzione di cibo buono, pulito e giusto come parte fondante della ricerca della prosperità e della felicità, un nuovo tassello è stato posto di recente nelle terre siciliane d’occidente. È la comunità Slow Food di Mazara del Vallo, città marinara sede della più antica e grande flotta del Mediterraneo specializzata nella pesca d’altura, nonché centro simbolico di una convivenza interculturale espressa, da una parte, dalla presenza di una casbah nel suo centro storico, abitata da una nutrita comunità maghrebina; e dall’altra, a bordo delle grosse imbarcazioni mazaresi impegnate in bordate di pesca mai inferiori alle due settimane, da equipaggi composti per almeno il 70% da marinai tunisini e marocchini. 

Il primo obiettivo della neonata Comunità Slow Food di Mazara del Vallo ha di certo a che fare con storie di mare e di grandi catture tra le reti. Ma, in questo caso, non proprio con le proteine nobili del pesce, bensì con l’alimento che tradizionalmente lo accompagna: il pane, il più antico cibo legato alla terra coltivata. 

In particolare, quello che in tempi non ancora segnati dalla diffusione di impianti di refrigerazione a bordo, i pescatori mettevano in cambusa in quantità tali da potere durare per l’intero viaggio verso e dagli areali più ricchi di pesce del Mare Nostrum. 

Questa tonda ‘vastedda’ dal peso considerevole, non inferiore a un chilo ma che, stando alle testimonianze, poteva arrivare anche a due chili e mezzo, è stata ribattezzata ‘Pane di Barca’. Un prodotto ormai quasi dimenticato, ma da recuperare e valorizzare nel mercato. 

“Fino a qualche decennio fa, qui a Mazara del Vallo, veniva preparato da diversi mastri fornai grazie a un impasto e a una lievitazione idonei a farlo durare fresco e croccante il più a lungo possibile, cosicché i marinai, in mare per molti giorni, potessero nutrirsi con un prodotto sempre buono – spiega Gianfranco Cammarata, portavoce della neonata sede di Slow Food -. Abbiamo pensato di puntare inizialmente su questo prodotto, sul quale abbiamo già avviato ricerche iconografiche, perché porta con sé anzitutto un messaggio anti spreco a fronte di tutto quel cibo, spesso di provenienza industriale e di scarsa qualità, che ogni giorno viene gettato via”. 

Alta espressione di artigianalità basata sulla lavorazione di farine locali e lieviti naturali, il Pane di Barca è insomma un prodotto che dà voce ai maestri fornai che lo lavoravano; e a quelli, rimasti davvero in pochissimi, che ancora sarebbero disposti a farlo. 

“Oggi a Mazara non più del 20% delle persone si ricorda di queste fragranti vastedde destinate a durare settimane”, sostiene Cammarata.

Il legame di questo prodotto con la secolare attività peschereccia locale è intimo. Seppur falcidiata dalla crisi epocale della pesca, ancora oggi la flotta mazarese resta la più rilevante in termini di know how in tutto il Mare Nostrum. Inoltre la stessa contaminazione con la cultura islamica, fa della cosiddetta ‘città del Satiro’ (la favolosa statua attribuita a Prassitele ritrovata come un pesce raro in due fasi, nel 1997 e nel 1998, tra le reti calate nel Canale di Sicilia dai pescatori del Capitan Ciccio, peschereccio della flotta mazarese), uno dei poli gastronomici più ricchi in Sicilia. 

“E poiché il pane locale si accompagna tradizionalmente con pesce e verdure, ecco la nostra scelta di impegnarci a salvaguardarlo come simbolo di pratiche alimentari etiche”, dice Gianni di Matteo, architetto, insegnante e appassionato gastronomo mazarese doc. “L’idea di promuovere il Pane di Barca come prodotto simbolo della cultura culinaria della nostra città nasce da una ricerca personale, basata anzitutto su miei ricordi di ragazzino, quando quelle grandi forme di pane venivano caricate sui moto pesca non ancora attrezzati di frigoriferi. A poco a poco, però se ne è andata perdendo la memoria, anche perché sono cambiati gli ingredienti, a cominciare dalle farine: prima erano di grano siciliano, oggi sono industriali. Ragion per cui allora questo prodotto aveva una consistenza più dura, datagli anche dalla cottura dentro forni alimentati con legno d’ulivo o di vite”. 

Di Matteo ha interpellato vecchi chef di bordo, ciascuno con racconti e testimonianze differenti su questa modalità del panificare: un know how antico, come lo è quello dei pescatori locali, capaci di gestire le reti fino a quasi 1.000 metri di profondità. Ma che si è come paralizzato, con il rischio di estinguersi. 

“A Mazara il Pane di Barca non lo fa quasi più nessun fornaio, ormai. E questo anche perché tra i panifici locali oggi si stenta a comprendere le potenzialità di mercato di questa specialità tradizionale. Lo si intuì nel 2019 in occasione dell’evento Foodda, quando chiesi di organizzare un workshop su questo tema, che incuriosì pubblico ed esperti gastronomi. Ma fu come un sasso nello stagno, un input acceso e spento in una sola serata. Adesso vogliamo tornare a parlarne, a raccontarlo bene e a inserire il pane di barca nell’Arca del Gusto, il catalogo che Slow Food dedica ai prodotti caratterizzati da un’appartenenza storico-culturale e una tradizione fortemente connessa al territorio”. 

Tocca adesso lavorare al recupero di materiale fotografico che racconti di queste pagnotte consumate durante il pasto, in pausa dalla navigazione e dalle delicate e rischiose operazioni di gestione delle reti. 

“Abbiamo appena avviato questa ricerca per presentare il Pane di Barca in uno specifico evento Slow Food”, conclude Cammarata. E intanto abbiamo iniziato con alcuni fornai mazaresi a risperimentarne la produzione”. Il messaggio, da Mazara del Vallo, è forte e chiaro: la terra richiama sempre dal mare. E il sapore buono del pane non finisce mai di vivere. 

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