A volte un semplice assaggio, come una fetta di mortadella d’asina ragusana, può dischiudere interessanti trame di storie da conoscere e raccontare, perché aggiungono un quid in più alla bontà del gusto, rendendolo “speciale”. A Troina, come direbbe il giornalista e scrittore Gaetano Savatteri, “Non c’è più la Sicilia di una volta”. Quella, per intenderci, de “Il Gattopardo”, dove tutto cambia perché tutto resti com’è, perché in questo piccolo paese in provincia di Enna, tra i “Borghi più belli d’Italia”, il cambiamento ha il profumo della legalità. Nell’ unico borgo dell’Italia meridionale riconosciuto tra “I cieli più belli d’Italia”, la comunità di Troina ha deciso di sporcarsi le mani di terra per riacquistare la propria dignità. A schiena dritta, sovverte gli stereotipi di una Sicilia rassegnata, si fa modello di un’utopia possibile in una terra dove l’ “io” ” fatica a diventare “noi”. Conquistando il presente, di fatto, allena il futuro, coltivando, è proprio il caso di dirlo, la cultura dell’etica che passa attraverso il coraggio di vivere, che è anche il coraggio di rischiare.
“Nel 2013 mi accorsi, da alcuni controlli, che il Comune di Troina era proprietario di circa 4.200 ettari di bosco nel Parco dei Nebrodi, che erano stati affidati senza procedura di evidenza pubblica, a costi d’affitto irrisori, e che venivano utilizzati per lucrare fondi all’Unione Europea”. Fabio Venezia, sindaco di Troina, già al suo primo mandato non ci mette molto a capire che i conti non tornano e denuncia. Si scopre una truffa milionaria, denominata in seguito la “mafia dei pascoli”. Un attento lavoro investigativo dimostrerà come alcune famiglie legate ai clan mafiosi, in mancanza di controlli, dichiaravano falsamente di essere in possesso di questi terreni con affitto, per poi incassare i fondi europei destinati a pascolo e seminativo. Si tratta di terreni che appartengono a Troina dal 1060, da quando, liberata dalla dominazione araba dai Normanni e proclamata “Prima Capitale della Contea di Sicilia”, Ruggero I ed in seguito re Guglielmo, in segno di riconoscenza, donarono ai monaci basiliani ed alla comunità troinese il ricco patrimonio boschivo. Venezia subisce pressioni e minacce e gli viene assegnata la scorta. Al suo fianco, però, trova soprattutto in prima linea i cittadini.
“La comunità troinese – racconta il sindaco, oggi al suo secondo mandato, dopo essere stato rieletto con oltre il 77% dei voti -prende coscienza e, quando capisce che togliere i terreni ai mafiosi significa poter avere sviluppo ed occupazione, scende in piazza. Un altro presente è possibile.”
Ma, nonostante le denunce, l’arroganza mafiosa continua a fare sentire e a far vedere la sua presenza portando a pascolare, in segno di disprezzo della legalità, in quelle terre il proprio bestiame. “Il clima si fa pesante, – confessa il primo cittadino – gli affittuari subiscono intimidazioni e mollano. A quel punto, la gestione dei terreni diventa per noi la sfida più ardua e, inutile negarlo, se avessimo fallito, sarebbe stato tutto inutile”. Una speranza di riscatto vanificata, insomma. Fabio Venezia, dunque, insieme ai suoi più stretti collaboratori ed alla sua Amministrazione, decide di scendere in campo e (è il caso di dirlo!) a gamba tesa, mettendoci la faccia. L’azienda agricola speciale silvo-pastorale è a gestione pubblica, tra le poche in Italia, ed è anche la più estesa. “Ci presero per pazzi – dice sorridendo – l’amministrazione pubblica non riesce a gestire i servizi primari, era quello che ci sentivamo dire, e adesso vuole fare pure impresa! Non ci perdemmo d’animo e avviammo una campagna di crowfunding, perché volevamo dare al nostro progetto una doppia dimensione etica. Non solo creare in quei terreni sottratti alla mafia un’azienda zootecnica, ma anche allevare razze in via d’estinzione”. Prende il via il progetto “Legalità di razza” con 140 asini di razza ragusana e 20 cavalli sanfratellani. “Dà lavoro a 9 giovani, tra cui anche quattro donne che fanno parte del corpo di vigilanza – racconta Venezia – e c’è anche chi è ritornato dal Nord, dove era stato costretto ad emigrare, per lavorare nella propria terra”. Si occupano della mungitura delle asine, da cui si ricava il pregiato latte conosciuto fin dai tempi della regina Cleopatra e che l’azienda silvo-pastorale trasforma in prodotti di cosmesi naturale, realizzando saponette e creme viso con il marchio “Dafne Sicily”, in vendita in alcune farmacie dell’Isola ed anche oltre lo Stretto e sull’e-commerce “Enhood”, la piattaforma creata da due giovani di Troina che hanno deciso di sostenere il progetto di “Legalità di razza”, per dare forza a donne e uomini liberi che rivitalizzano il territorio, creando sviluppo. Ma il progetto è ambizioso. Qui si possono comprare anche la mortadella ed il salame d’asina, eccellenze gastronomiche, un assaggio di riscatto. E le novità non finiscono, perché ad andare controcorrente l’azienda ci ha preso gusto e poi il cibo è soltanto il delizioso preludio di progetti in itinere che coinvolgono il territorio. “Stiamo anche allenando alcune asine, perché possano essere da supporto per la pet teraphy – racconta Venezia – e si lavora a progetti di turismo ecologico, ripristinando la sentieristica nei boschi e ristrutturando un’antica caserma in contrada Sambuchello, nel cuore dei Nebrodi, che diventerà un eco-resort con ristorante e 24 posti letto”. C’è, infine, un altro importante traguardo che gli asinelli della legalità hanno conquistato. “In primavera ed alle porte dell’inverno, fanno la transumanza lungo le antiche trazzere, spostandosi, secondo un rito arcaico, dalle alture dei boschi fino a Troina e viceversa – racconta emozionato il sindaco. – Ed anch’io ed i miei collaboratori l’abbiamo fatta, anche per dare un segnale di rinascita delle realtà rurali che sempre più conquistano l’interesse dei turisti, nel segno di un turismo lento, immersi nel ritmo e nella bellezza della natura incontaminata. La nostra transumanza, inserita nel più ampio programma “Terre rurali d’Europa”, fa parte del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO”. Questo sì che è mordere la vita!
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