A Trapani, la tradizione è servita da ben 65 anni alla “Cantina Siciliana”, che li festeggia domenica 13 agosto. E la domanda al suo “storico” cuoco, anzi “oste, come preferisce essere chiamato Pino Maggiore, sorge spontanea: “Ma quanti avevi quando hai messo piede qui per la prima volta?”
“Sei anni e facevo di tutto, praticamente ero lo sguattero in quella che un tempo era un’osteria con cucina dove si facevano tre turni al giorno quando Trapani, sede del Car, (Centro Addestramento Reclute) ospitava circa 4mila militari che con le loro famiglie venivano in città per il giuramento”.
Le storie di vite s’intrecciano con quella della “Cantina siciliana”, nel cuore del centro storico, vicino al porto da cui partono i collegamenti con le isole Egadi, punto di riferimento per chi ama la cucina “vera”. Ci sono luoghi di cui è impossibile scrivere se non si “annusa” l’energia del posto dove il passare del tempo è solo un mero dettaglio rispetto alla tanta vita che racchiude e che nello stesso tempo restituisce alla memoria. A “raccontare” sono gli oggetti come la ruota del carretto siciliano a mo’ di lampadario e la sponda dipinta del carretto datata 13 agosto 1958, in bella mostra all’ingresso, che “sono lì da sempre- spiega l’oste- ho tolto solo le botti da cui si serviva il vino per la mescita”. Il Pino bambino che in seconda elementare fu bocciato, passava lì le sue giornate e ricorda ancora la prima volta che a 8 anni si ubriacò per “colpa- racconta- di due clienti che avevano portato qui un pesce enorme. Lo cucinammo e tra un sorso e l’altro ed un boccone ritornai a casa barcollando”. Per Pino Maggiore, 65 anni, spirito irrequieto, queste mura sono state approdo nella marea della vita, con i suoi alti e bassi ma anche fucina d’idee, palestra di relazioni umane e professionali, dove la sua cucina, senza inganni, all’insegna della stagionalità e della freschezza, ha attratto e continua ad attrarre il mondo che passa ed è passato alla “Cantina Siciliana”. Tra le prime ad aderire al manifesto di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food all’insegna del cibo, sano, buono e giusto, la trattoria è diventata punto di riferimento per palati che amano piatti autentici, senza artefizi. Qui si punta sulle temperature, sull’equilibrio nell’armonia di sapori diversi che preservano il gusto essenziale dell’ingrediente. Come ad esempio, la caponata di melanzane e di peperoni con, ed è il quid che fa la differenza, il miele e l’aceto di mele. Must, imperdibile, il cous cous alla trapanese con i pesci di brodo che qui viene incocciato ancora a mano. “Non è mai entrato un cous cous precotto- dice con fierezza Pino che è diventato ambasciatore nel mondo della gastronomia trapanese e del piatto simbolo del Mediterraneo- Non abbiamo abbattitori in cucina e la spesa si fa ogni giorno. Come a casa”. Protagonista di eventi prestigiosi in varie città italiane e straniere, dal Salone del pesce di Genova al Salone del Gusto di Torino, dal Foodex di Tokyo o all’Eleventh International Conference & Festival, presso il californiano The Culinary Institute of America. Ed anche a San Pietroburgo in occasione del Forum economico internazionale e a Dubai, negli Emirati Arabi. Il prossimo 9 settembre, riceverà il “Premio Saturno per la Sicilia che produce” che quest’anno, giunto alla 20esima edizione, farà tappa nella sua città. A lui che, bambino diventato troppo in fretta grande e che solo da adulto è riuscito a diplomarsi all’Alberghiero, brillano gli occhi per la felicità. Negli anni, il cuore di “Cantina Siciliana” si è ampliato con l’acquisto di un locale accanto dove Pino accoglie un numero sempre più crescente di clienti. Qui, tra pupi siciliani che pendono dal soffitto, bummuli di terracotta intorno le pareti tra oltre un centinaio di etichette non solo siciliane e vari oggetti d’antan che il maestro cuscusiere strappa dall’oblio, si fa presto a diventare amici. Se la “tavola è trazzera” come si usa dire in Sicilia, il desco di “Cantina siciliana” è la testimonianza più significativa. Generoso, Peter Pan evergreen, da qualche anno, con indosso un camice e un naso rosso, è volontario del sorriso con i Clown Therapy nelle corsie dei bambini ammalati di tumore. “Da fatalista quale sono- dice- quando me l’hanno proposto non ho avuto alcuna esitazione a formarmi e a mettermi in gioco anche in questa esperienza che mi arricchisce sotto il profilo umano, facendomi ancora di più apprezzare la vita”. Fondamentale, l’impegno in politica, nel partito comunista che per lui “è stato famiglia, scuola, formazione culturale e spirituale”, valori che permeano la sua vita. La tutela dei diritti umani, il rispetto dei lavoratori sono prioritari nella sua coscienza di cittadino e di imprenditore. E le scelte, più delle parole, lo testimoniano. Da circa 1 anno infatti Pino ha lasciato la guida di “Cantina Siciliana” nelle salde mani di Hajer Aissi che da oltre 20 anni è stata la sua sous chef.
Oggi Hajer, di origini tunisine emigrata a Trapani con la sua famiglia, guida con piglio deciso ed elegante solarità la cucina curando l’accoglienza insieme alla sorella Ibtisem. “La Cucina siciliana- dice Pino Maggiore soddisfatto – è in buone mani e sta continuando nel solco di quella tradizione enogastronomica che ci ha reso famosi e che è la nostra storia, la nostra identità. E poi- dice abbassando la voce- oggi che la politica mi ha deluso, posso affermare con orgoglio che, nel mio piccolo, ho realizzato i miei ideali”.
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