“Tutto ha origine quando iniziai a lavorare come fattorino per una piccola pizzeria d’asporto… Qui m’innamorai letteralmente della pizza!”
Classe ’91, Gabriele, detto Lele, Scandurra, così racconta nel suo blog “Il pizzaiolo etneo” (come ama definirsi), perché se ha una “fissazione” è sicuramente quella della pizza dai sapori e profumi di quel territorio così speciale, che è l’Etna. Del vulcano ha preso anche l’indole dinamica e super attiva che lo porta a cimentarsi con nuove sfide, come quando già da ragazzino, dopo la scuola, si divideva tra il campo di calcio ed il tatami del karate, altra sua grande passione. “Lo sport, palestra di vita – racconta – i miei due allenatori, Mario Pulvirenti, per il calcio, e Fabio Seminara, per le arti marziali, sono due padri putativi. Mi hanno insegnato che dopo una sconfitta c’è sempre un nuovo inizio”. A 17 anni, appende al chiodo le scarpette e la cintura, perché la passione diventa il lavoro e non permette distrazioni.
“Guardavo mia zia Laura che impastava ed ero come ipnotizzato dai suoi movimenti, affascinato da quel lievito che vedevo crescere e trasformarsi. Certo – ride Lele – ogni tanto mi dava qualche schiaffetto, quando non la seguivo. Ho fatto la gavetta e ne sono orgoglioso, perché ho imparato, facendo sacrifici, che nessuno ti regala niente ma che ogni cosa dev’essere conquistata con studio ed umiltà. Dopo la pratica, iniziai a fare diversi corsi di aggiornamento con i grandi maestri della panificazione, come ad esempio Bonci, Zaghini e Pezzetta, che mi hanno permesso di affinare le migliori tecniche in circolazione”.
Oggi Lele Scandurra è uno dei volti della new generation di pizzaioli emergenti, che coniugano tradizione e innovazione con un occhio attento alle temperature grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, alla scelta delle farine e della qualità delle materie prime. L’arte bianca con un fatturato di 15 miliardi di euro che, con il valore dell’indotto, supera i 30 miliardi, è oggi la forza motrice di un comparto tra i più virtuosi dell’economia italiana. “Anni di studi e prove in laboratorio mi hanno portato a personalizzare la mia idea di pizza, che ad oggi definisco “sicula contemporanea”- spiega- un incontro tra l’arte della pizza napoletana e le materie prime della mia amata terra. Ma il segreto è anche nella lievitazione dalle 24 alle 48 ore”.
Nel 2019, è stato premiato da “Dissapore” tra le 13 migliori pizze della Sicilia orientale all’evento “Garage Pizza” e nello stesso anno la sua “Margherita in giallo” ha conquistato il podio al “My social recipe” a Napoli. Una soddisfazione per Lele, che ogni giorno in sella al suo motorino da Librino, il quartiere dove è nato e cresciuto, area periferica del capoluogo etneo, andava a Nicolosi, comune elegantemente arroccato sul vulcano, per imparare il mestiere. Un passo dopo l’altro, Lele Scandurra fa parlare di sé e di “Botanike” a Catania, la pizzeria del rinomato “Ikebana” della famiglia Merola, immerso nel verde di un parco di palme ed ulivi, dove è stato anche realizzato un orto per una cucina dagli ingredienti a chilometro zero. Tra le specialità di Lele, imperdibili la “sua” “Nera sicula”, una pizza al padellino da degustazione con anche il miele di ape nera sicula, Presidio Slow Food e polvere di caffè ed anche (e qui l’arte culinaria romana sposa la vis gastronomica siciliana) con la “Carbonara Sicula” con crema di ragusano, guanciale al suino nero croccante e la crema di uovo pastorizzato, pepe nero e fonduta di ragusano.
Ma il suo cavallo di battaglia è sicuramente “Essenze di Sicilia”, con il pomodoro giallo, la stracciatella di bufala, le alici del Mediterraneo, l’inconfondibile finocchietto selvatico e la glassa di agrumi dell’Etna. In piena crisi Covid, la famiglia Merola ha aperto, nel cuore della città, “Botanike street food” dove protagonista è la pizza in teglia romana con rivisitazioni e ingredienti made in Sicily, dove la squadra al gran completo con Lele Scandurra, Salvo Fazio alla preparazione del forno e lo chef Fernando Diyaluma, bissa il successo. “Del mio lavoro – dice Lele – mi piace l’adrenalina che mi mette in corpo, il mio stare sempre in movimento, tra studio, lavoro, ricerca e continue sperimentazioni. Certo, ogni tanto mi guardo indietro e non è stato facile avere quella determinazione che mi ha permesso di arrivare fin qui – continua. – Rivedo quel ragazzino che con il borsone in spalla correva agli allenamenti, ripenso agli insegnamenti della mia maestra di scuola elementare Adriana Gatto, che ci spronava a dare sempre il meglio e a credere nei nostri sogni. Lo sport e la scuola, per me adolescente di Librino, sono stati il mio salvagente”.
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