Una degustazione guidata dal sommelier professionista ha aperto i lavori della 8^ edizione del Premio Mediterraneo Packaging a Castellammare del Golfo (TP)
Tra gli appuntamenti interessanti che hanno costituito il ricco programma dell’8^ edizione del Premio Mediterraneo Packaging 2020, svoltosi a Castellammare del Golfo (Trapani) il 7, 8 e 9 agosto, figura una degustazione guidata di vini che ha aperto ufficialmente i lavori della tre giorni. Si è trattato di un incontro illuminante, egregiamente condotto, com’è nel suo stile sobrio, elegante e colto, dal sommelier professionista AIS e noto degustatore nei concorsi nazionali e internazionali, Luigi Salvo. Mattatore garbato tra calici e vitigni, Luigi Salvo è riuscito ad aprire le quinte e a svelare al pubblico presente un mondo affascinante che sembrava essere già noto, ma che in realtà è ancora poco conosciuto su “Un giovane vitigno che muta: i volti del Grillo”, questa la traccia della degustazione, che ha visto protagoniste sei cantine del territorio siciliano.
“Abbiamo scelto di focalizzare l’attenzione su questo vitigno – ha spiegato il sommelier – perché rappresenta molto bene il territorio trapanese, pur trattandosi di un vitigno ancora giovane, anzi del più giovane tra gli autoctoni siciliani. Nato per ultimo e divenuto in breve tempo così importante. Lo collochiamo, infatti, alla fine del 1800 e circa 150 anni sono davvero pochi per un vitigno che si affermò nel più ampio contesto della produzione di marsala”.
Alla parola “marsala” l’excursus di Salvo è passato automaticamente dal campo dell’enologia a quello dell’economia, essendo quest’ultima, soprattutto all’epoca, significativamente determinata dalla produzione di uno dei vini più famosi al mondo, molto apprezzato non solo dal pubblico di bevitori inglesi. Già intorno al 1918 l’uva grillo occupa il 60% della superficie vitata della Sicilia. Non sempre, però, la fortuna lo proteggerà e infatti intorno agli anni Venti ci sarà un drastico calo di produzione del marsala ed anche il grillo, di conseguenza, entra in crisi e comincia ad essere sostituito con altre produzioni più fruttuose.
Un vitigno giovane, abbiamo detto, ma anche in grado di mutare, di cambiare per esigenze di sopravvivenza le proprie caratteristiche. Dobbiamo aspettare tempi più moderni perché il grillo venga prodotto ed apprezzato come vino secco e Marco De Bartoli è stato certamente il precursore di questa scelta, poi imitata da molti. Si scopre che questo vitigno può dare vita a vini di grande piacevolezza e si comincia a reimpiantare nell’isola. Oggi sono 7mila gli ettari di grillo. Si pensi che all’inizio degli anni 2000 si contavano poco più di una decina di etichette di grillo; oggi sono più di 350, con una produzione di circa 15 milioni di bottiglie.
Ed eccoli, allora, a spiegare i tanti volti del grillo che muta, i sei vini degustati durante la prima giornata. Si è partiti con il Grillo di Conte di Rocca Sicula, che ha subito espresso un colore leggermente paglierino, leggiadro, eppure vivo, lucente, che inglesi e americani definirebbero “It’s jump!”; al naso, sentori di vegetale, foglia di pomodoro, ortica, pepe verde, note fruttate e floreali; una vera e propria poliedricità espressiva nel bicchiere, che ha rivelato melone bianco, zenzero, frutto della passione, con la sapidità e la dolcezza del frutto; in bocca, a primo impatto nota sapida, salina, quasi marinara; al secondo sorso, confermata la sapidità ma con una nota in più di salivazione, nota acida, con una bella lunghezza gustativa e un vegetale calibrato.
Il secondo Grillo è stato quello dell’Azienda Agricola Cossentino, dal territorio di Partinico, a circa 400 metri sul livello del mare. Grande luminosità all’esame visivo, con lucentezza vibrante e un tono più voluminoso. Al naso, il frutto è più rotondo, polposo, maturo, meno verticale e più circolare. Nota speziata, di pepe bianco, ed in bocca c’è corrispondenza di vitigno, con una nota dolce finale, di albicocca quasi candita.
Terzo vino, il Grillo Guardalòmu della cantina Candido, che prende il nome da un insetto presente in vigna e che fissa, quasi contemplando, l’uomo che lavora, questo compagno di viaggio inaspettato. Ci siamo spostati da Partinico a Camporeale. Il colore al calice è ancora più carico dei “fratelli” precedenti. Al naso ci sorprende, con una componente floreale particolarmente spiccata, di acacia, gelsomino, ginestra, margherita ed una piacevole leggiadria olfattiva. Il floreale è condito da note di melone bianco, pesca bianca, mandorla tostata. Mandorla tostata che torna anche in bocca, assieme a note di nocciola.
Candido, poi, ha lasciato spazio al Pinzeri dell’azienda Funaro, cromaticamente simile al primo, mentre al naso restituiva una nota vegetale importante, foglia di pomodoro, melone bianco, pera. Una bella presenza nel bicchiere. In bocca, rotondità e al tempo stesso verticalità e lunghezza palatale, con persistenza aromatica intensa. Un parallelo con il primo vino è stato quasi d’obbligo, con una rotondità simile in entrambi.
Il quinto Grillo è stato il Kheiré di Gorghi Tondi. Elegante al colore, al naso ha rappresentato egregiamente ciò che avevamo appena degustato e che ci avviavamo a concludere. Un vino floreale, fruttato, speziato, con note agrumate. In bocca verticalità, palatabilità con note di lime, con una persistenza di oltre 15 secondi. Ultimo vino, il Grillo Rina Ianca di Santa Tresa, che presenta anche del Viognier, con un colore giallo paglierino più carico e presente, mentre al naso l’aromaticità rivela la presenza del viognier, che dà quella rotondità in più con ulteriore piacevolezza e con un impatto fruttato importante, pesca gialla, note aromatiche di cannella, zenzero, vaniglia, albicocca; in bocca, perfetta corrispondenza gusto-olfattiva, come in tutti i vini degustati. Una buona salinità anche in quest’ultimo vino, mix armonioso tra dolce e salato, che ha chiuso una degustazione che resterà per molti memorabile, grazie anche alla professionalità del suo conduttore.
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