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Dal Belice all’Etna, e ritorno… Il progetto de “La Gelsomina – Tenute Orestiadi”

TENUTE ORESTIADI

Vini da territori estremi e uomini capaci di strappare la bellezza dalle pietre, da una parte all’altra della Sicilia protagonisti della sua rinascita. È una storia di storie,  “La Gelsomina – Tenute Orestiadi”, un piccolo gioiello di eroismo enoico a circa 500 metri di altitudine tra i terrazzamenti in pietra lavica, nella frazione di Presa, sul limitare del torrente Santa Venera, laddove Piedimonte Etneo  cede il passo al comprensorio dell’ex Contea di Mascali, noto per la tradizione vitivinicola plurisecolare. L’uomo è stato costretto a scavare la pietra per coltivare e, assecondando le curve dei pendii naturali, un’onda dopo l’altra è riuscito a modellare  un anfiteatro di vigne e di ulivi che racchiudono a corolla le acque di un piccolo lago. La mente libera ed una vista appagante in un’oasi di silenzio di rigenerante energia.  

Un tempo c’erano anche i cigni ma  non avevamo pensato che hanno le ali e che sarebbero volati via”. Lo dice sorridendo l’ingegnere Alfio Turrisi, che negli anni ’80 acquistò 15 ettari di terra sospesa tra “a Muntagna” e il mare, da regalare a  papà Giuseppe. Alfio, 72 anni, diviso tra il lavoro in azienda specializzata nel campo delle telecomunicazioni e la passione per la vigna, con fatica ha  “rispolverato” in questi anni un angolo unico di territorio etneo, dove la particolarità dei muretti a secco che caratterizza il paesaggio etneo consente soltanto lo svolgimento “manuale” dei lavori di campagna. Con perizia  ha tutelato il palmento del ‘700 che custodisce i momenti  conviviali della sua famiglia e con vis poetica ha punteggiato il manto verde di delicate nuances, dal rosso dei gigli dell’Etna in autunno al biancheggiare dei fiori di ciliegio in primavera. In collaborazione con l’Università  di Catania c’è un progetto sperimentale per la coltivazione  della ciliegia Mastrantonio, DOP dell’Etna, che rischia di scomparire.  È qui che il sole guida fino a perfetta maturazione i grappoli di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Carricante, Catarratto e Moscato dell’ Etna, seguendo un rito  che si rinnova nel quotidiano impegno e nella fatica di vignaioli che hanno cementato in anni di esperienza  l’alleanza tra l’uomo e la natura fertile di un suolo  speciale.  

Nerello-Mascalese-Nerello-Cappuccio-Carricante-Catarratto-e-Moscato-dell-Etna

Nel 2018, a “La Gelsomina” s’innesta la vision di  Tenute Orestiadi,  cantina che sul territorio della Valle del Belice, distrutto dal terremoto del ’68, in dieci anni di lavoro ha dato nuova vita alla speranza. Puntando sulla valorizzazione di monovarietali autoctoni ha infatti sviluppato numerosi progetti legati al connubio vino–arte-cultura che culminano   nel  Barriques Museum, a Gibellina, il primo museo d’arte contemporanea permanente in una barricaia attiva d’Italia.  Tenute Orestiadi, che ha già nel suo dna  la ricerca di terreni fertili e luminosi, si  prende  appieno cura di “La Gelsomina” mettendo  a disposizione il proprio know-how e la propria esperienza per ciò che concerne marketing e distribuzione, dando l’input a nuove prospettive.  Due storie, due terroir differenti, un unico punto d’incontro che soddisfa entrambe le aziende.  

Questa collaborazione ci dà l’opportunità – spiega Alfio Turrisi –  di realizzare il sogno di far conoscere la nostra vera essenza che sta alla base del prodotto a noi più caro: il nostro vino”. L’accordo è stato siglato nell’ottobre 2018 e dal mese di aprile 2019 La Gelsomina è stata aperta al pubblico, diventando in breve tempo meta di turisti, curiosi ed appassionati winelovers. Nel 2021, con l’apertura di sei camere diventa “La Gelsomina Agriturismo sull’Etna”.   Ma è anche palcoscenico naturale per spettacoli di teatro e di musica sotto le fronde di ulivi, come  “Suoni sospesi”, concluso con successo, e già si programma la prossima stagione. Aperta tutta l’anno per visite e degustazioni, gli enonauti hanno la possibilità di degustare l’ampia gamma del registro emozionale dei vini di  Tenute Orestiadi, da quelli nati da vigneti  del trapanese che digradano  sul mare  a quelli “figli” del territorio più estremo dell’ Isola. 

E “Gli  Estremi” è infatti   la linea dei vini vulcanici con cinque etichette  coerenti ai luoghi  di produzione. Due fermi, l’Etna Bianco da uve Carricante e Catarratto, e l’Etna Rosso da uve Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio ed anche due  bollicine da uve Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio con differenti metodi di lavorazione,  l’Etna Doc Metodo Classico Rosè Brut e l’ Etna Doc Metodo Classico Blanc de Noir Brut. Vini che ricadono nell’area di produzione dell’Etna Doc. Si produce anche una chicca per le cantine etnee, il Moscato dalla Muscatedda dell’Etna,  vitigno “reliquia”.  Vini dalla forte impronta territoriale che bandisce ogni omologazione. Anzi. “Le peculiarità – ha sottolineato Giuseppe Clementi, direttore tecnico di Tenute Orestiadi durante la masterclass organizzata in occasione di un press tour – sono il nostro punto di forza perché ogni vino deve poter esprimere tutte le caratteristiche  che il luogo di coltivazione e l’intervento dell’uomo riescono a dare”. Vini che nascono da una  produzione maniacale della ricerca della qualità.  “Il vigneto è curato come un giardino – chiosa  Pietro Di Giovanni, enologo de La Gelsomina – dalla vigna alla cantina dove cerchiamo di ridurre al minimo il ricorso alla chimica”. 

Tra i progetti in itinere,  la cantina per gli spumanti che sarà pronta entro dicembre. Dalla Tenuta di Presa  si può  partire  per andare alla scoperta dell’Etna accompagnati da una guida esperta per un viaggio affascinante tra crateri e colate di lava in un paesaggio fuori dall’immaginario che racconta la vita del  vulcano e dei suoi abitanti  nei secoli. Via via si alternano paesaggi lunari a  rigogliose faggete e boschi di betulle e pini, mentre lo sguardo si spinge oltre lo Stretto di Messina e guarda alla terra di Calabria. Vino, musica, teatro e cibo, a  “La Gelsomina- Tenute Orestiadi”  l’esperienza multisensoriale si è conclusa a tavola con i prodotti del territorio valorizzati dallo  chef Giuseppe Renda, che domenica 10 ottobre , a pranzo, dà appuntamento con  “Terre e tralci”, il ciclo di percorsi enogastronomici dedicati ai 5 sensi. Ma anche questo è solo l’incipit per  un altro viaggio che sarà bello compiere…

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