C’è voglia di leggerezza in questa strana primavera che si fa aspettare. Anche nei calici sale il desiderio di salutare il nuovo inizio con effervescenti bollicine che “interpretano” la voglia di novità all’insegna della leggiadria. Gaia Romano, 25 anni, terza generazione di una famiglia che affonda le radici nel vino dal 1890, intercetta il sentire dei wine lovers con due new entry che presenterà al Vinitaly. “Un vino frizzante con base Grecanico freschissimo ed uno spumante extra dry di Grillo di eleganti bollicine che presenteremo in uno spazio che stiamo realizzando nel nostro stand con colori gioiosi perché vogliamo che questo sia veramente l’anno della ripartenza. Per noi viticultori, per i nostri clienti e per quanti ci vorranno venire a trovare. Un brindisi alla vita”.
È un tornado di gioia Gaia, laureanda in legislazione internazionale, che ama di un amore sviscerato la terra che le appartiene fin da bambina. La storia vitivinicola della famiglia Romano risale almeno a due secoli fa, i primi documenti ufficiali risalgono al 1890, con atti formali di acquisizione dei primi vigneti. Allorquando i futuri coniugi Francesca e Lorenzo Romano ricevettero in dote dal padre Angelo una cospicua somma in denaro e un modesto vigneto nel territorio a monte del comune di Borgetto, in provincia di Palermo, con cui iniziarono una florida attività enologica. È papà Angelo, laureato in Scienze Agrarie presso la facoltà di Agraria di Palermo e master in Enologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza insieme alla moglie Giusy, laureata in Lettere e Lingue Straniere, specializzata in pubbliche relazioni, a dare nuovo impulso all’attività enologica con l’innovativo stabilimento di Contrada Ramotta a Partinico, alle porte del capoluogo siciliano, e i vigneti di Contrada Cambuca, nel territorio di elezione delle due principali D.O.C. dell’Isola, Alcamo e Monreale. Trenta ettari vigneti a circa 350 metri di altezza sul livello del mare che Angelo coltiva con vitigni autoctoni e internazionali insieme anche al figlio Renato, 28 anni che, laureato in economia è impegnato a pieno ritmo nell’azienda di famiglia.
Sono sei le etichette dell’azienda Romano con una produzione intorno alle 100/150mila bottiglie per tipologia. “Se all’inizio la mia famiglia come si usava fare in Sicilia produceva soltanto vino sfuso- racconta Gaia- è mio padre a dare una svolta con la realizzazione della cantina e quindi con l’imbottigliamento. La prima bottiglia è del 2015 ed io mi ricordo ancora l’emozione di quel momento- dice la giovane Romano- i sacrifici dei miei genitori che ancora continuano che, un passo dopo l’altro, stanno costruendo un futuro anche per noi figli”.
Vini che nascono dall’esperienza e dalla cura dei vigneti e che declinano le tante sfaccettature della Sicilia. Nascono così “Prime luci”, nelle due versioni, nella cui etichetta è riportato un omaggio in versi alla bellezza dell’alba tra i filari ancora bagnati di brina, “Alba Vera”, una linea che si completa anche con un rosato. C’è una linea che porta il suo nome “Gaia”, simbolo di terra e di felicità ed un’altra, “ Fawarah”, dal suono arabeggiante. “E’ una delle nostre prime linee -racconta la giovane Gaia- perché, in modo del tutto casuale, durante i lavori per la realizzazione della cantina fu trovato un sasso che riportava una frase in lingua araba che significava, copiosa sorgente d’acqua. Un omaggio, nel nome, al Palazzo della Favara risalente al XII secolo nel Parco del Castello di Maredolce, a Brancaccio, a Palermo”.
Il riconoscimento alla storia della Sicilia, crocevia di popoli e culture diverse di cui nutrire il futuro. E per Gaia, il domani è già qui. “Gli anni della pandemia hanno solo rallentato i nostri progetti-dice scuotendo il lunghi capelli biondi che le cadono sulle spalle- A breve apriremo un wine resort con ristorante e saremo pronti ad accogliere gli amanti del vino per degustazioni e per far vivere un’esperienza multisensoriale tra i vigneti e la cantina”. Gaia, tra un esame e l’altro e i corsi di degustazione del nettare di Bacco, va alla ricerca del suo vino ideale. “Non è facile, perché il vino non è una bevanda come un’altra, perché bisogna dargli valore. Il vino- dice- va ascoltato perché in ogni bottiglia c’è una storia da svelare”. E la sua ha forti radici. “Sono quelle con la mia famiglia- dice mentre i raggi dell’ultimo sole le illuminano il volto dall’ovale perfetto- con cui ho un legame indissolubile perché ho una certezza: l’unione fa la forza”.
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