Si chiama Massimiliano Murgo ed è l’anima e il cuore della cantina “Il Vino e le Rose”. Pugliese d’origine ma trasferitosi in Piemonte, la sua è una storia d’amore e passione per la natura e per il vino, che lo hanno portato dalla fabbrica milanese, dove lavorava, ai Colli Tortonesi tra la Val Curone e la Valle Staffora, dove oggi produce i suoi vini.
Contaminazione ed esuberanza sono gli aggettivi che meglio lo contraddistinguono. È un vulcano di idee, di energia che si amplifica quando racconta i suoi sogni, i suoi obiettivi e i sacrifici fatti per fare rinascere una vecchia vigna abbandonata.
Noi lo abbiamo raggiunto al telefono e ci siamo fatti raccontare qualcosa in più.
Massimiliano come mai questo nome Il Vino e Le Rose?
Nasce dalla parafrasi dello slogan dello sciopero tessile di Lawrence durante il quale gli operai chiedevano di ottenere salari equi e condizioni di lavoro dignitose. Noi romanticamente lo abbiamo ricucito sulla nostra idea di rispetto per la natura, da un lato rispetto per i vini e le vigne e dall’altro gentilezza nel toccare la terra, nel lavorarla, nel creare questi vini, ma anche gentilezza nei confronti dei consumatori.
Come è nata la tua passione per il vino?
L’ho sempre avuta, mio papà faceva il perito agrario, poi la vita mi ha portato ad allontanarmi e scegliere un lavoro in fabbrica, precisamente il metalmeccanico a Milano. Finché un giorno ho deciso di lasciarmi alle spalle un lavoro che sì mi faceva portare a casa lo stipendio ma non sentivo mio. Così un mio amico, te la racconto in breve, mi ha fatto conoscere un vignaiolo dal quale ho imparato un vero mestiere e qualcosa è rinato in me. Si è come risvegliato, quasi fossi stato in letargo sino a quel momento, così mi armai di coraggio e forse un pizzico di follia e acquistai un terreno qui in Piemonte.
La tua prima produzione risale al 2009, eri poco più che trentenne, come mai la scelta di produrre un vino naturale?
Sono un romantico nell’anima, sin da quando lavoravo in fabbrica avevo maturato una mia personale idea di quale fosse un modo etico di produrre e consumare, sentivo che facevo parte di un sistema che non mi apparteneva, sentivo la necessità di cambiare, o per lo meno di provare a cambiare, qualcosa e adesso nel mio piccolo posso farlo. Perché ho abbracciato l’idea di produrre un vino naturale? In campagna sono un viticoltore e ho voluto dare vita a un progetto dove potessi mettere in discussione le modalità e le tipologie di produzione. Produrre in maniera sostenibile, nel rispetto dell’ambiente e delle persone che poi bevono il mio vino era quello che volevo davvero fare.
Cosa pensi del vino naturale?
Il vino naturale si chiama così per una specie di convenzione, l’uomo fa parte della natura così come la terra ed è dall’interazione tra questi due elementi entrambi naturali, che sono la terra e l’uomo, che nasce un prodotto rispettoso per l’ambiente e per la salute di chi lo consuma. Chiamiamolo come vogliamo, siamo più attenti a una nostra filosofia di produzione, di cultura della terra, non leghiamoci troppo alle parole, è il contenuto che è importante non il contenitore.
La tua filosofia, quindi, è un’idea di connessione con la natura?
In un vino c’è l’idea del produttore, la sua anima, il suo spirito, devi sentire l’ispirazione che ti sussurra la terra, la voce che muove dalle vigne e trovare la tua di ispirazione. I vignaioli impastano le mani nella terra, la sentono, la conoscono, ne percepiscono l’anima non volevo più rinunciare a tutto questo. I tempi che corrono sono un po’ difficili per noi piccoli produttori, il mercato cambia, diventa complicato anche solo farsi conoscere, produrre in maniera artigianale richiede tanti sacrifici ma sicuramente ti permette di essere te stesso sempre.
È la prima volta che sarete presenti come cantina a Terruar?
Sì! E non vedo l’ora di immergermi in questa due giorni. È una manifestazione interessante, perché è una fiera di qualità e magari ci sarà la possibilità di confrontarsi con produttori altrettanto interessanti. È questo il bello di questi momenti, far conoscere i tuoi vini e assaggiare quelli degli altri, in questo mondo non si smette mai di fare gli apprendisti. Lo scambio, il confronto con altri che hanno il tuo medesimo approccio, è un momento di crescita. È il rapporto diretto con chi produce, che segue la tua stessa filosofia di produzione ti rende vivo, ti fa evolvere. Incontrare tanta gente, riconnettermi con una parte delle mie radici, mio nonno era siciliano, assaggiare un sacco di vini e magari fare conoscere i miei qua e perché no, potrei anche trovare un distributore proprio in quest’Isola sarebbe bello.
Hai una personalità esuberante, troveremo lo stesso entusiasmo nei tuoi vini?
Nascono nelle terre del nord, ma hanno tratti genetici molto simili ai vini meridionali, portano dentro il sole e il calore del sud. Il nostro terreno è emerso dal mare tanti anni fa ed è ricco di sostanze minerali di origine marina e tellurica. Questo dona ai nostri vini una spiccata mineralità e alcuni di loro potrebbero ricordare la Sicilia. Poi, come piace dire a me, il vino è un’esperienza emotiva, un piacere del corpo, e non esiste piacere del corpo senza emozioni, un vino va assaggiato con il corpo, con la mente ma soprattutto con il cuore.
Qual è stato il tuo primo vino?
Amore e Psiche un Nebbiolo in purezza, lunghe vinificazioni sulle bucce (da 20 a 30 giorni) che ci permettono di estrarre l’anima di questo vitigno. Una maturazione in acciaio, da 3 a 9 mesi in barrique di oltre terzo passaggio, chiarificazione nel freddo e lunghi periodi in bottiglia. È un vino che simboleggia l’incontro tra il divino che in questo caso è il terreno e la natura, cioè l’uomo, dalla loro unione nasce un vino che vuole raccontare un piacere, che si propone al gusto piacevole e di facile beva ma al tempo stesso intenso come dovrebbe essere un’esperienza di benessere.
L’Ultimo arrivato in casa invece?
Εστία, come la dea greca del focolare. Non è ancora pronto, è una Croatina. Chi viene a trovarci nel nostro piccolo agriturismo viene a casa nostra, e questo vino vuole essere un inno alla condivisione, rappresenta l’idea di comunità, di casa, di luogo dove ci si prende cura l’uno dell’altro. Vuole essere di buon auspicio per tutti.
Il vino a cui sei più legato?
Sicuramente Phoenix un 100% Timorasso. Rappresenta la Fenice che rinasce dalle proprie ceneri. Un po’ come la vigna dove crescono queste uve. Quando acquistai questo terreno, la vigna era abbandonata da oltre 15 anni, abbiamo dovuto lavorare sodo ma alla fine quello che ne è venuto fuori sono delle uve forti, sane, con tanta voglia di raccontarsi al calice. È stato come rinascere, anzi siamo rinati insieme sia il terreno, che le uve, ma credo, soprattutto io e il mio sogno che con questo vino ha iniziato a diventare realtà.
Ci vediamo a Terruar allora? Come chiuderesti questo incontro telefonico?
Come hai detto tu: ci vediamo a Terruar. luogo di incontro tra la passione e l’esaltazione del gusto, il luogo del vero e del genuino ma soprattutto un luogo creato dalle persone per le persone. Terruar unica e spontanea.
Photo credit: sito “IL Vino e Le Rose” https://www.ilvinoelerose.it/
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