Site logo

A est del vulcano, patria del Carricante e della tenuta dei Baroni di Villagrande, la cantina più antica dell’Etna

Barone-di-Villagrande-vendemmia-con-Etna-sullo-sfondo-

Le piogge, tra autunno e inverno dieci volte più intense rispetto al resto della Sicilia e pari almeno al doppio di quelle che cadono sugli altri versanti dell’Etna. La composizione del terreno vulcanico, che in estate consente un ottimale drenaggio dell’acqua dal sottosuolo. E il vento, costante e legato alla vicinanza del mare. Un terroir mette insieme tanti tratti distintivi, ma se a questi si aggiungono lo spirito e le energie di un percorso plurisecolare di vita e viticultura, allora diventa unico, senza mezzi termini.

Funziona così, dopo tre secoli e 10 generazioni, per l’azienda Barone di Villagrande, a Milo. Versante est, appunto, quello che guarda a Taormina e al Mar Jonio; nel caso specifico, da vigneti circondati da boschi di querce e di castagni, ubicati a non meno di 700 metri di altitudine.  

“Siamo il vino che facciamo. E, con esso, cresciamo e cambiamo”. È il motto coniato da Carmelo e Carlo Nicolosi, rispettivamente nonno e padre dell’attuale proprietario, Marco Nicolosi Asmundo. Una linea familiare accompagnata dalla profonda conoscenza dei suoli del vulcano. Nel 1968, furono proprio i Nicolosi tra gli estensori del disciplinare della Doc Etna, una delle prime denominazioni d’origine a nascere in Italia.  Carlo Nicolosi, in particolare, fu anche il fautore della prima zonazione viticola del vulcano, dopo averne individuato le zone più vocate sui diversi versanti. Quello di Milo rappresenta l’apice qualitativo dei vini Carricante, i famosi bianchi dell’Etna. Ed è in contrada Villagrande, in questo territorio originato dal collasso della Valle del Bove, dentro un vecchio cratere anticamente occupato da un lago che dopo la sua rottura è scivolato verso la costa portandosi tutto il materiale della caldera, rilasciando così sui terreni molta sostanza organica attraverso strati di lava sovrapposti, che il Carricante, storico vitigno a bacca bianca del vulcano trova la sua espressione superlativa. Gli antenati Nicolosi Asmundo lo sanno dalla metà del XVIII secolo, quando cominciarono a trasformare ciò che appariva come “un luogo orrido ed incolto”, in un “in un delizioso giardino”.

La Barone di Villagrande, azienda partner di Castello San Marco nell’organizzazione dell’imminente Lavica Gourmet Festival, è la cantina più antica dell’Etna e tra le antesignane dell’enoturismo in Sicilia. La produzione secolare del suo vino trova la definitiva valorizzazione a partire dagli anni ’40 del secolo scorso, quando i Nicolosi Asmundo decisero di dare il via all’ imbottigliamento. Prima di allora il commercio del vino avveniva tramite la vendita dello sfuso al pubblico locale, grazie a un’azienda di proprietà di famiglia a Giarre e all’esportazione del vino fuori confine – verso il nord della Francia, il Canada e il Sudamerica – che partiva dal vicino porto di Riposto. Oggi sono 5 le linee di vini Etna Doc della Barone di Villagrande: due di Etna Rosso, un Etna Rosato e due di Etna Bianco, ossia l’Etna bianco Superiore e l’Etna Bianco Superiore Contrada di Villagrande, affinato in botti di rovere. A questi vini si aggiungono altri due vini Doc, prodotti nel vigneto di proprietà (2 ettari) a Salina, in contrada Vallone Casella nel territorio comunale di Santa Marina, sul lato orientale dell’isola: un Salina bianco e una tipica Malvasia delle Isole Eolie. Un’attività espressa da un totale di 120mila bottiglie all’anno, diversificata anche nell’enoturismo, con un wine resort, all’interno dell’azienda, dotato di 4 camere finemente arredate. “Abbiamo una piccola struttura di accoglienza, quindi, ma con un servizio a 5 stelle che, attraverso la cena e il pernottamento in azienda, si traduce in un’esperienza di contatto autentico con questa porzione del territorio etneo e le persone che ci lavorano: un momento culturale per trarre informazioni tecniche, storiche, attraverso gli assaggi di vini e di piatti d’autore”. Il riferimento è allo chef Accursio Craparo, 1 stella Michelin con ristorante omonimo a Modica. “Creazioni gastronomiche ‘ragionate’, le sue, create per essere abbinate ai nostri vini, con la collaborazione dei nostri sommelliers e di un team attualmente composto da 6 tra chef e commis, formatisi tutti in azienda”, dice Nicolosi. Un lavoro di team a tutti gli effetti, quindi: non di ristorazione classica, bensì consistente in un percorso di degustazione fatto di ricette sempre in progress, con piatti che vengono spesso modificati, se non stravolti, in base ai suggerimenti, impressioni e ispirazioni che emergono in cucina.

Oggi la tenuta della Barone di Villagrande totalizza 39 ettari, di cui 25 vitati. “Abbiamo recentemente ampliato la dotazione aziendale acquisendo un’altra tenuta di 10 ettari, di cui 6 con terrazzamenti coltivati a vigneto, sul versante sud dell’Etna, a Monte Arso, nel territorio di Nicolosi, che, aggiungendosi ai 18 di Milo, ci ha consentito di incrementare la produzione aziendale e ad assestarla intorno alle 120mila bottiglie all’anno”.

Il resto dei terreni sono invece area boschiva. Un aspetto molto importante, questo: “Anzitutto – continua Marco Nicolosi – perché il bosco ci fornisce materie prime essenziali alla produzione del vino, a cominciare dal legno da cui ricaviamo le botti per l’affinamento dei nostri rossi; e poi il vantaggio di mantenere pulito il territorio del Parco dell’Etna, preservandolo da ogni speculazione edilizia”. In azienda lo sottolineano: se non ci fosse stato il Parco, l’interesse dei visitatori, a cominciare dai turisti del vino, non sarebbe cresciuto negli anni sull’Etna. Come invece continua a essere, malgrado le frenate imposte dalla pandemia.

A Milo si arriva attraverso i boschi, un patrimonio che sull’Etna si mostra attraverso una straordinaria estensione di castagneti, querceti (con la preziosa ‘querciola dell’Etna’), distese di faggi e di betulle, nonché una serie di alberi monumentali. Il più celebre, nel borgo di Sant’Alfio a circa 7 chilometri da Milo, è il Castagno dei Cento Cavalli, con la sua età, datata tra i 3.600 e i 4mila anni e il suo tronco, dal diametro di quasi 20 metri, considerato uno degli alberi più vecchi del mondo.

In questo ambiente così particolare, la produzione vinicola raggiunge il top con i bianchi. “Quelli di Milo vengono indicati con il termine di Etna Bianco Superiore, che potrebbe sembrare pretenzioso, ma che oggettivamente marca una unicità che è alla base della grande ricchezza dell’Etna”.

Dal 1989, l’azienda Barone di Villagrande è certificata in biologico: una tra le prime realtà in Italia. Qui le uve Carricante, Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, hanno messo radici in terreni ricchi di ferro, rame, potassio, fosforo e magnesio e poveri di azoto e calcare. Lo stallatico in uso per la concimazione è quello di asino e proviene da un allevamento poco distante dalla tenuta.

Gli spazi di lavoro, così come quelli del Wine Resort, sono inoltre alimentati da un impianto solare termico per produrre acqua calda e riscaldare gli ambienti. Inoltre tutta l’acqua piovana, indicano dall’azienda, viene fatta confluire dai tetti in una cisterna, per essere usata nel giardino e per i lavaggi in cantina. 

Il resto della tenuta è occupato dal bosco, barriera naturale attorno alla vigna centrale, dai cui alberi di castagno si attingono i legni per le botti e per i pali delle vigne. 

L’antica bottaia della cantina è in sé un’attrattiva, l’unica dell’Etna con botti in castagno. Quelle grandi sono 6, di cui una di oltre 200 anni. Oggetti però non più in uso, ma con una funzione solo museale.

Una struttura strategica per un enoturismo che ha ripreso a crescere. “Già nel 2022 abbiamo registrato un incremento dell’8% rispetto al 2019. Si è registrato il ritorno degli stranieri – nordeuropei, asiatici americani e sudamericani – ma si è anche consolidato la frequenza di una clientela di siciliani, che mostrano interesse verso la scoperta della propria terra – spiega Nicolosi. Una tendenza che alimenta la fase positiva dell’Etna dopo l’urto della pandemia”.

Per ragioni esclusivamente enoturistiche la Barone di Villagrande produce anche un rosso merlot, risultato della sperimentazione in loco di Carmelo Nicolosi a seguito di suoi viaggi in Francia, in particolare nel distretto di Bordeaux, patria di vini costosi e prestigiosi come lo Château Pétrus. “Mio nonno pensò di proporre solo agli ospiti dell’azienda un vino pregiato, però sempre con una componente etnea (c’è una piccola percentuale di Nerello, ndr). Un’idea risalente a un’epoca in cui il movimento di persone e merci era difficile, ragion per cui fare assaggiare ciò che veniva da lontano, veniva considerato di gran prestigio”. Oggi, è cambiato tutto. E sono invece proprio i vini del vulcano a competere sul piano internazionale dell’eleganza. I rossi soprattutto nelle contrade nord- occidentali e i bianchi sul lato est, quello ‘musicale’ dell’Etna, a Milo, terra abitata da Franco Battiato e, a lungo, buen retiro, con tanto di produzione vinicola, di Lucio Dalla.

Ultimi articoli

Seguici

  • No comments yet.
  • Aggiungi un commento

    Potresti essere interessato a