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4 Chiacchiere con Vincenzo Di Falco, lo chef che ascolta la storia di Siracusa e la rielabora con la lingua del gusto

Chef Vincenzo di Falco

Chef Vincenzo Di Falco ha l’animo irrequieto dei viaggiatori d’altri tempi: quelli innamorati delle avventure, delle nuove conoscenze, di una sperimentazione perenne.

La particolarità dello chef siracusano? Che la sua tensione alle novità, che la sua smania di conoscere si esercita tra le strade della sua Siracusa, una città, forse piccola in estensione, ma decisamente imponente per retaggio, storia e tradizione culinaria. Giovanissimo e ambizioso, lo Chef Di Falco si appresta ora a intraprendere una nuova avventura alla guida del ristorante ‘La Zaituna’, portando con sé tutte le gustose lezioni apprese dalla nonna in tenera età, il know how che ha appreso cucina dopo cucina, e la sua voglia di comunicare con la gente: un po’ per ascoltare e apprendere ricordi e storie della sua terra; un po’ per invitarla, con le sue pietanze, a provare un’esperienza nuova.

Essere executive chef de ‘La Zaituna’ è un nuovo capitolo della sua esperienza. Quali sono i motivi per cui ha accettato e cosa si augura da questa opportunità?

La forte voglia di migliorarmi, esplorare e creare qualcosa di nuovo mi ha portato in un contesto immerso nella natura, dove libero la mente della frenesia urbana e mi lascio corteggiare dai rumori della natura: il canto degli uccelli al mattino o le civette la notte, i colori dei fiori e il sapore degli ortaggi coltivati con degli standard qualitativi alti, il reale bio a km 0. Da qui ho affinato la mia idea di cucina, rispettando sempre più la materia prima cercando di non creare del sapore troppo costruiti.

Stagionalità e territorialità. Così si potrebbe definire in breve la sua cucina. Com’è maturata questa sensibilità al rispetto della natura?

La mia identità da chef oggi è quella del custode dei sapori primordiali della mia terra, scavando le origini delle ricette e reinterpretarle in chiave contemporanea, rimanendo fedele all’ ‘animo popolare’.

Qual è il piatto che più si diverte a cucinare e c’è qualche aneddoto particolare legato?

In effetti il piatto che fa discutere molto spesso è ‘Pane & Panelle’: un piatto che rappresenta la Sicilia nel mondo, nato nel periodo di povertà quando le famiglie poco agiate non potevano permettersi di acquistare il pesce e ne ricreavano il sapore friggendo la farina di ceci in olio esausto di pesce, solo per sentire il sapore.

Da qui abbiamo voluto valorizzarlo usando il gambero viola senza gettare via nulla: con il carapace abbiamo creato una polvere aromatica e la chips con le zampette, il caviale, e il pane è stato ridotto in salsa.

Da dove trae l’ispirazione per le sue riproposizioni della tradizione siracusana?

Ci facciamo ispirare dai racconti delle persone anziane, che sono i porta voce del passato, o da testi di vecchi libri che raccontano le tante dominazioni e ognuno di loro hanno lascito qualcosa nella nostra tradizione culinaria. Poi ci sono dei piatti nati per stuzzicare o meglio osare. Il mio intento è quello di far vivere una vera esperienza sensoriale ai commensali.

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