Cucinare è un rapporto scambievole di emozioni ed energie
Il ristorante Marina del Nettuno offre, dall’interno dello Yatching Club, uno scenario da sogno sulle acque dello Stretto di Messina.
Qui, lo Chef Pasquale Caliri guida la cucina proponendo un’impeccabile offerta di pesce che lui stesso acquista direttamente dai pescatori. E ancora pasta, pane, dessert tutti “fatti in casa” utilizzando grani antichi e materie prime d’eccellenza del territorio siciliano.
Per conoscere meglio la sua visione del mondo gastronomico, lo abbiamo intervistato per voi.
Chi sei e cos’è la cucina per te?
È forma di realizzazione personale, modalità di connessione con gli altri, strumento di espressione e comunicazione. Cucinare è essenzialmente inter – agire: un rapporto scambievole con il commensale di emozioni ed energie.
Ci racconti com’è nata la tua passione?
Da un momento dolorosamente molto profondo quando, sommerso da alcuni stati dell’essere, ti trovi ad un bivio dove o risorgi o soccombi. Trovai le forze per puntare tutto sulla passione. Ma la passione da sola non basta, anzi. Può essere lo starter, poi occorrono studio e soprattutto concentrazione, per non dire devozione.
Come definiresti la tua cucina?
Ogni forma di autodefinizione corre il rischio di dare il passo all’autocelebrazione, con la caduta che questo comporta. La definisco attraverso gli altri, dove gli altri per un cuoco sono i commensali. La definirei essenziale, non amo mescolanze e troppo miscugli, punto all’esaltazione del sapore netto, semplice, autentico, distinguibile. Sono di scuola Marchesi e lo dico con orgoglio!
Quando i miei ospiti mi raccontano di sentire i gusti netti, separati, precisi, penso che l’insegnamento del Maestro è stato efficace. Altri fattori sono la ricerca, l’originalità e, perché no, l’ironia.
È possibile innovare mantenendo salde le proprie radici?
È un tormentone dal quale non se ne esce, se non con frasi fatte. Innovare è un concetto diverso dal rivisitare, l’innovazione è rottura di schemi, è libertà, è audacia. È lapalissiano che chi innova porti comunque se stesso e la sua storia, ma per innovare occorre spezzare catene della tradizione. Sennò lo chiamiamo rivisitare e ci illudiamo di essere creativi.
In che modo il territorio entra nella tua cucina?
Naturale e consequenziale. Cucino a cento metri dalle acque dello Stretto di Messina e la mia è cucina di mare. Ogni cuoco è traduttore della sua terra.
Qual è e come è nato il tuo cavallo di battaglia?
Il mio cavallo di battaglia è una modalità dell’essere, non un piatto. Cerco di essere ristoratore e cliente, allo stesso tempo. È nato andando in giro per ristoranti…
Quale ingrediente ritieni indispensabile per il tuo lavoro?
L’olio di oliva, senza dubbio. Ma ve la immaginate voi una cucina senza olio di oliva?
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